Da alcuni anni è membro del board e Director Sustainability Climate Change, Nature, Gender Equality e Responsible Sourcing di Italpreziosi ed è impegnata quotidianamente a garantire che il cammino fatto fin’ora per promuovere la sostenibilità non si arresti.
Roma non è stata fatta in un giorno, ma in oltre 40 anni di attività Italpreziosi è riuscita a tracciare un percorso coerente, orientato alla sensibilità ambientale cha le ha consentito di diventare un modello di business. Fissando inizialmente degli standard volontari e progressivamente integrandoli, l’azienda di affinazione di Arezzo ha ottenuto numerose certificazioni e ha raggiunto traguardi e riconoscimenti che ne fanno un unicum tra i player di settore. Alice Vanni membro del board e Director Sustainability Climate Change, Nature, Gender Equality e Responsible Sourcing è impegnata quotidianamente a garantire che il cammino fatto fin’ora per promuovere la sostenibilità non si arresti e tra formazione, crititicità, opportunità e cambiamenti fotografa lo stato dell’arte in materia ambientale nel settore orafo.
Alice Vanni
◗ Italpreziosi ha di recente ricevuto al BtoB Award l’ennesimo riconoscimento per l’impegno ESG (Environmental, Social and Governance). Come è iniziato questo percorso?
Il nostro percorso verso la sostenibilità è iniziato da una visione chiara e lungimirante, promossa dalla leadership di mia madre, Ivana Ciabatti, che ha creduto sin da subito nella possibilità di creare valore positivo attraverso il business. Questo impegno si è concretizzato già nel 2008, con un primo progetto in Honduras che mirava a sostenere le comunità minerarie locali, dimostrando come un approccio olistico potesse integrare obiettivi ambientali e sociali in tutte le attività. Oggi siamo orgogliosi dei risultati raggiunti, ma il nostro cammino è tutt’altro che concluso. Quest’anno per i 40 anni dell’azienda abbiamo ottenuto la certificazione B CorpTM. Siamo l’unica affinazione del nostro settore a livello internazionale ad oggi ad averla ottenuta. Per noi ha rappresentato un momento importante per dimostrare che è possibile anche nel nostro settore fare business etico e durante ogni evento sproniamo tutte le controparti ad iniziare come noi questo percorso.
◗ Attraverso quali azioni concrete si declina la sostenibilità in tutte le funzioni di un’organizzazione? Che impatto ha avuto nella Value Chain di Italpreziosi e come l’avete applicata nel quotidiano?
La sostenibilità in Italpreziosi è il frutto di una visione olistica, che coinvolge l’intera organizzazione e la catena del valore. Uno dei passaggi chiave è stato condurre un’analisi di materialità nel 2019, per identificare i temi più rilevanti per i nostri stakeholder e per comprendere pienamente rischi, impatti e opportunità. Inoltre tengo molto alla formazione. Abbiamo lavorato per sensibilizzare tutti gli stakeholders, dai dipendenti ai partner di filiera, fino anche al Consiglio di Amministrazione su temi come la sostenibilità, cambiamento climatico, natura, diversità ed inclusione. Nella filiera già dal 2019 avevamo creato il sito formativo “Chain of Information”, perché le controparti potessero condividere a catena informazioni con le loro controparti. Lo stesso approccio è valso con i dipendenti. Ad oggi, oltre alla formazione sulle certificazioni ISO su qualità, ambiente, sicurezza ed etica, ci concentriamo anche su temi quali diversità ed inclusione. Abbiamo anche creato un riconoscimento interno per premiare le iniziative di singoli dipendenti: “Campione della Sostenibilità”.
◗ Qual è, secondo lei, l’anello ancora debole della filiera orafa, quello per cui ancora si presentano criticità?
Preferisco parlare di “opportunità”, perché anche le criticità possono rappresentare un punto di partenza per il miglioramento. Il contesto normativo presenterà nuove sfide, e sarà quindi necessario essere più resilienti nel programmare strategie in maniera più consapevole ed efficiente. Nel nostro settore vedo ancora un dibattito nazionale troppo acerbo su molti temi rilevanti, rischiamo che questi diventino critici perché non gestiti in tempo. Le PMI, in particolare, hanno bisogno di maggiore supporto da parte delle associazioni e delle autorità del settore, sia attraverso eventi formativi sia con strumenti pratici per allinearsi alle normative emergenti.
◗ Quale consiglio darebbe ad una azienda orafa che vuole certificarsi oggi?
La prima cosa: non avere paura. Ma soprattutto di non guardare ai costi iniziali come costi, ma come investimenti che permetteranno benefici nel lungo termine. La sostenibilità non è un tema confinato a un’area specifica, ma deve permeare ogni aspetto dell’organizzazione. Consiglio inoltre di iniziare a redigere report di sostenibilità, anche se brevi e semplici, prima internamente poi esternamente, utilizzando le linee guida degli standard internazionali, ci sono tanti strumenti online disponibili anche per semplificare il primo approccio.
◗ Lei viaggia molto e ha modo di tenere speech in contesti internazionali. Quali sono secondo lei i Paesi che hanno al momento una maggiore sensibilità verso questo tema e quali meno?
Va fatta una distinzione tra la domanda e l’offerta. In generale negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita della domanda di gioielleria sostenibile e certificata. Tra i paesi più sensibili nel settore emergono Regno Unito, Germania e Paesi nordici, Stati Uniti. Un problema che ho riscontrato nei miei viaggi è la “politicizzazione” della sostenibilità, tra negazionismo e “schieramento” politico, che supporta una retorica molto pericolosa, perché considera la sostenibilità non come fondamento per una strategia di business resiliente e soprattutto per una società più equa, ma come un ostacolo.
◗ Quale futuro per la sostenibilità?
Nel settore orafo le regolamentazioni saranno sempre più stringenti, così come le direttive europee CSRD e CSDDD, che obbligheranno le aziende a integrare criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle loro strategie. Di recente ho letto una ricerca che evidenzia come la dimensione del mercato globale dei gioielli sostenibili è stata valutata a circa 58,5 miliardi di dollari nel 2023 e si prevede che raggiungerà i 97,8 miliardi di dollari entro il 2032*, trainata dalla crescente domanda di materiali recuperati e pratiche di approvvigionamento responsabili. L’obiettivo sarà quindi non solo adeguarsi alle normative, ma anche rispondere alle aspettative di consumatori sempre più attenti ai temi etici e ambientali.
◗ Ha un legame speciale con le sue radici ed è un’appassionata di vini. Ci racconta brevemente chi è Alice quando smette i panni della manager?
Sono molte cose, tutte legate alla mia passione per l’arte, la terra e la musica. La musica perché supporto l’attività di mio padre, Fabrizio Vanni, che è fondatore del The Garage Studio, uno studio di registrazione immerso nella campagna aretina. Ma, tornando alla mia passione per i vini, questa nasce dalla realizzazione di un sogno: da un paio di anni produco sidro utilizzando mele antiche del Casentino e sono Sommelier certificata AIS e Co-fondatrice dell’Associazione Pommelier e Assaggiatori di Sidro. Nel mio blog, Sobria, racconto storie di vini genuini, ma soprattutto celebro i piccoli produttori, perché creano opere d’arte a due mani: quella della natura e la loro. Il mio focus anche qui è verso prodotti che provengono da una filiera sensibile alla parte sociale e ambientale della produzione. Da qualche anno ho anche un mio atelier, dove mi dedico alla pittura e alla scrittura.
FONTE: https://www.preziosamagazine.com/alice-vanni-italpreziosi