Continuiamo con la guida all'oro di Italpreziosi, strumento utile ed affidabile sia per esperti del settore dei metalli preziosi, sia per curiosi alla ricerca di una fonte autorevole per esplorare il mondo dell'oro in tutti i suoi aspetti.
Questa settimana parliamo di: Oro grezzo, oro puro e oro zecchino: quali differenze?
L'oro è uno dei metalli preziosi più ambiti al mondo, apprezzato per la sua bellezza, la sua rarità, ma soprattutto per il suo valore. Nel linguaggio colloquiale a volte utilizziamo espressioni come “oro grezzo”, “oro puro” e “oro zecchino” senza avere piena consapevolezza delle differenze. Scopriamo insieme qual è l’origine di queste definizioni.
Oro grezzo: il metallo giallo in natura
L'oro grezzo - anche chiamato oro nativo - è l'oro che viene estratto dalla terra e non ha subito alcun tipo di lavorazione. Di solito viene reperito sotto forma di pepite o filoni all'interno delle miniere. Le pepite d'oro grezzo possono variare in dimensione: da piccole particelle fino a massi di diverse decine di chili.
L'oro grezzo si trova in diverse parti del mondo, ma alcune delle principali aree di produzione includono Australia, Canada, Stati Uniti, Russia, Sud Africa e Cina. La maggior parte dell'oro grezzo viene estratto dalle miniere sotterranee o a cielo aperto.
Il suo aspetto può variare, in particolare nella colorazione, che dipende dalle impurità presenti nel materiale. L'oro grezzo, infatti, contiene spesso altri metalli - come argento, rame e platino - o altre sostanze come la silice o il quarzo, che ne influenzano colore e consistenza.
La sua composizione in natura, quindi, non è perfettamente pura, ma ha una percentuale di impurità variabile.
Il valore dell’oro grezzo
Il valore dell'oro grezzo dipende da diversi fattori, tra cui la sua purezza, la dimensione, la forma e la localizzazione geografica. In generale, l'oro grezzo è meno costoso rispetto all'oro lavorato, poiché deve ancora essere sottoposto ai processi di raffinazione che ne aumentano nettamente il valore e lo rendono adatto alla lavorazione per la produzione di lingotti, monete e gioielli.
Il prezzo dell'oro grezzo viene determinato dalle quotazioni dell'oro sul mercato delle materie prime, che a sua volta è influenzato da fattori economici e politici come l'inflazione, la domanda globale e la situazione geopolitica. Inoltre, i costi di estrazione dell'oro grezzo possono variare in base alla posizione della miniera e al livello di difficoltà nell’estrazione.
Come riconoscere l’oro grezzo?
Per riconoscere l'oro grezzo è importante tenere a mente alcune caratteristiche tipiche di questo metallo nella sua forma naturale.
Innanzitutto, l'oro grezzo ha una lucentezza caratteristica, di gran lunga diversa da quella di altri metalli. È molto brillante, anche se non ha ancora subito alcun tipo di lavorazione. Inoltre, l'oro grezzo ha un colore giallo brillante che non si altera nel tempo.
Sempre guardando all’aspetto, l’oro grezzo è caratterizzato da una forma tipicamente irregolare e da una texture ruvida e granulosa, determinata dalla presenza di impurità e di altri metalli.
Da un punto di vista fisico, invece, l'oro nativo ha una densità molto elevata rispetto ad altri metalli: questo significa che, se messo su una bilancia, ha un peso maggiore rispetto a oggetti simili realizzati con altri metalli.
In ogni caso, per riconoscere l'oro grezzo è importante affidarsi a esperti del settore, che possano analizzarlo e verificarne la composizione e la provenienza.
Il più prezioso: l’oro puro
L'oro puro, come suggerisce il nome, è l'oro nella sua forma più pura. Questo tipo di oro è costituito da una lega composta al 999,9 per mille da oro e allo 0,1‰ da altre sostanze. Il suo valore corrisponde a 24 carati, il livello più alto. Ricordiamo infatti che millesimi e carati sono le due unità di misura utilizzate per valutare la purezza dell'oro.
Una delle caratteristiche distintive dell'oro puro è la sua colorazione gialla intensa e uniforme, priva di variazioni o sfumature.
Per ottenere la massima purezza, l’oro è sottoposto a un processo di raffinazione molto accurato: l'oro viene fuso e separato dalle altre sostanze presenti nella composizione grezza, come argento, rame e platino. In questo modo, si ottiene un oro privo di impurità, puro al 999,9‰.
Una delle caratteristiche più apprezzate dell'oro puro è la sua resistenza alla corrosione e all'ossidazione, il che lo rende un materiale ideale per la creazione di prodotti che mantengano un valore inalterato nel tempo.
Essendo particolarmente malleabile non è adatto alla produzione di gioielli, per i quali di norma si impiega l’oro 18 carati, una lega che unisce al 75% di oro puro altri metalli che ne aumentano la durezza e la resistenza. Questa tipologia di oro solitamente è più conosciuta con il nome di oro 750, dove la purezza è espressa tramite il sistema dei millesimi.
I lingotti in oro puro come forma di investimento
L'oro puro viene spesso utilizzato per la produzione di lingotti, poiché è un materiale di alta qualità e di valore costante.
I lingotti d'oro sono barre solide di metallo prezioso, che possono essere acquistate in varie dimensioni e pesi, a seconda delle preferenze dell'acquirente.
L'utilizzo dei lingotti d'oro come investimento è molto diffuso perché rappresenta una forma di investimento stabile e sicura nel lungo termine.
I lingotti d'oro sono anche utilizzati dalle banche centrali come riserva di valore nonché come mezzo di pagamento in situazioni di crisi finanziaria e incertezza geopolitica.
Il prezzo dell'oro puro al grammo dipende da vari fattori, tra cui l'offerta e la domanda sul mercato mondiale, la qualità e la quantità di oro estratto e la situazione economica globale. È sempre possibile tenersi aggiornati e conoscere il costo dell’oro puro consultando le quotazioni dell'oro in tempo reale.
Oro zecchino: cosa significa?
Tutti noi abbiamo sentito tante volte l’espressione “d’oro zecchino”: ma, concretamente, cosa vuol dire?
In realtà non c’è differenza tra oro puro e oro zecchino: in entrambi i casi si fa riferimento al metallo prezioso nella sua formulazione più pregiata, ovvero l’oro 24 carati, con una purezza del 999,9 per mille.
Il valore dell’oro zecchino è quindi lo stesso dell’oro puro: il suo prezzo è determinato dalle quotazioni del metallo prezioso sui mercati.
Quando si usa l’espressione “oro zecchino” spesso si vogliono mettere in risalto le caratteristiche estetiche del metallo prezioso, e in particolare l’intensa colorazione gialla, tendente all’arancio.
L'origine dell'espressione risale ai tempi della Repubblica di Venezia e dell’istituto in cui le monete venivano coniate, la Zecca.
“Zecchino” è il nome che assunse il ducato d’oro di Venezia intorno alla metà del 1500: a seguito della preferenza data alle monete fresche di conio, aumentò il prezzo del ducato nuovo di zecca, che nel 1543 fu fissato a 7 lire e 12 soldi e battezzato zecchino.
La moneta veneziana fu poi imitata da altri Stati italiani anche nei secoli successivi, e molte altre valute presero il nome di “zecchino”: con questo termine si indicavano, in genere, i tagli con una qualità superiore a quella degli scudi d’oro e delle doppie.
Da qui deriva l’utilizzo dell’espressione “oro zecchino” per indicare un oro purissimo.
Al giorno d’oggi lo stesso termine si usa comunemente per sottolineare la qualità pregiata di particolari produzioni orafe - come la foglia d’oro zecchino, declinata anche in libretto - o articoli per la casa, spesso in ceramica, come servizi da tè o servizi di piatti “in oro zecchino”, o set di posate.
Al di là dell’utilizzo che viene fatto di questa espressione, è importante tenere a mente che l’oro zecchino non ha alcuna differenza reale rispetto all’oro puro.
Da alcuni anni è membro del board e Director Sustainability Climate Change, Nature, Gender Equality e Responsible Sourcing di Italpreziosi ed è impegnata quotidianamente a garantire che il cammino fatto fin’ora per promuovere la sostenibilità non si arresti.
Roma non è stata fatta in un giorno, ma in oltre 40 anni di attività Italpreziosi è riuscita a tracciare un percorso coerente, orientato alla sensibilità ambientale cha le ha consentito di diventare un modello di business. Fissando inizialmente degli standard volontari e progressivamente integrandoli, l’azienda di affinazione di Arezzo ha ottenuto numerose certificazioni e ha raggiunto traguardi e riconoscimenti che ne fanno un unicum tra i player di settore. Alice Vanni membro del board e Director Sustainability Climate Change, Nature, Gender Equality e Responsible Sourcing è impegnata quotidianamente a garantire che il cammino fatto fin’ora per promuovere la sostenibilità non si arresti e tra formazione, crititicità, opportunità e cambiamenti fotografa lo stato dell’arte in materia ambientale nel settore orafo.
Alice Vanni
◗ Italpreziosi ha di recente ricevuto al BtoB Award l’ennesimo riconoscimento per l’impegno ESG (Environmental, Social and Governance). Come è iniziato questo percorso?
Il nostro percorso verso la sostenibilità è iniziato da una visione chiara e lungimirante, promossa dalla leadership di mia madre, Ivana Ciabatti, che ha creduto sin da subito nella possibilità di creare valore positivo attraverso il business. Questo impegno si è concretizzato già nel 2008, con un primo progetto in Honduras che mirava a sostenere le comunità minerarie locali, dimostrando come un approccio olistico potesse integrare obiettivi ambientali e sociali in tutte le attività. Oggi siamo orgogliosi dei risultati raggiunti, ma il nostro cammino è tutt’altro che concluso. Quest’anno per i 40 anni dell’azienda abbiamo ottenuto la certificazione B CorpTM. Siamo l’unica affinazione del nostro settore a livello internazionale ad oggi ad averla ottenuta. Per noi ha rappresentato un momento importante per dimostrare che è possibile anche nel nostro settore fare business etico e durante ogni evento sproniamo tutte le controparti ad iniziare come noi questo percorso.
◗ Attraverso quali azioni concrete si declina la sostenibilità in tutte le funzioni di un’organizzazione? Che impatto ha avuto nella Value Chain di Italpreziosi e come l’avete applicata nel quotidiano?
La sostenibilità in Italpreziosi è il frutto di una visione olistica, che coinvolge l’intera organizzazione e la catena del valore. Uno dei passaggi chiave è stato condurre un’analisi di materialità nel 2019, per identificare i temi più rilevanti per i nostri stakeholder e per comprendere pienamente rischi, impatti e opportunità. Inoltre tengo molto alla formazione. Abbiamo lavorato per sensibilizzare tutti gli stakeholders, dai dipendenti ai partner di filiera, fino anche al Consiglio di Amministrazione su temi come la sostenibilità, cambiamento climatico, natura, diversità ed inclusione. Nella filiera già dal 2019 avevamo creato il sito formativo “Chain of Information”, perché le controparti potessero condividere a catena informazioni con le loro controparti. Lo stesso approccio è valso con i dipendenti. Ad oggi, oltre alla formazione sulle certificazioni ISO su qualità, ambiente, sicurezza ed etica, ci concentriamo anche su temi quali diversità ed inclusione. Abbiamo anche creato un riconoscimento interno per premiare le iniziative di singoli dipendenti: “Campione della Sostenibilità”.
◗ Qual è, secondo lei, l’anello ancora debole della filiera orafa, quello per cui ancora si presentano criticità?
Preferisco parlare di “opportunità”, perché anche le criticità possono rappresentare un punto di partenza per il miglioramento. Il contesto normativo presenterà nuove sfide, e sarà quindi necessario essere più resilienti nel programmare strategie in maniera più consapevole ed efficiente. Nel nostro settore vedo ancora un dibattito nazionale troppo acerbo su molti temi rilevanti, rischiamo che questi diventino critici perché non gestiti in tempo. Le PMI, in particolare, hanno bisogno di maggiore supporto da parte delle associazioni e delle autorità del settore, sia attraverso eventi formativi sia con strumenti pratici per allinearsi alle normative emergenti.
◗ Quale consiglio darebbe ad una azienda orafa che vuole certificarsi oggi?
La prima cosa: non avere paura. Ma soprattutto di non guardare ai costi iniziali come costi, ma come investimenti che permetteranno benefici nel lungo termine. La sostenibilità non è un tema confinato a un’area specifica, ma deve permeare ogni aspetto dell’organizzazione. Consiglio inoltre di iniziare a redigere report di sostenibilità, anche se brevi e semplici, prima internamente poi esternamente, utilizzando le linee guida degli standard internazionali, ci sono tanti strumenti online disponibili anche per semplificare il primo approccio.
◗ Lei viaggia molto e ha modo di tenere speech in contesti internazionali. Quali sono secondo lei i Paesi che hanno al momento una maggiore sensibilità verso questo tema e quali meno?
Va fatta una distinzione tra la domanda e l’offerta. In generale negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita della domanda di gioielleria sostenibile e certificata. Tra i paesi più sensibili nel settore emergono Regno Unito, Germania e Paesi nordici, Stati Uniti. Un problema che ho riscontrato nei miei viaggi è la “politicizzazione” della sostenibilità, tra negazionismo e “schieramento” politico, che supporta una retorica molto pericolosa, perché considera la sostenibilità non come fondamento per una strategia di business resiliente e soprattutto per una società più equa, ma come un ostacolo.
◗ Quale futuro per la sostenibilità?
Nel settore orafo le regolamentazioni saranno sempre più stringenti, così come le direttive europee CSRD e CSDDD, che obbligheranno le aziende a integrare criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle loro strategie. Di recente ho letto una ricerca che evidenzia come la dimensione del mercato globale dei gioielli sostenibili è stata valutata a circa 58,5 miliardi di dollari nel 2023 e si prevede che raggiungerà i 97,8 miliardi di dollari entro il 2032*, trainata dalla crescente domanda di materiali recuperati e pratiche di approvvigionamento responsabili. L’obiettivo sarà quindi non solo adeguarsi alle normative, ma anche rispondere alle aspettative di consumatori sempre più attenti ai temi etici e ambientali.
◗ Ha un legame speciale con le sue radici ed è un’appassionata di vini. Ci racconta brevemente chi è Alice quando smette i panni della manager?
Sono molte cose, tutte legate alla mia passione per l’arte, la terra e la musica. La musica perché supporto l’attività di mio padre, Fabrizio Vanni, che è fondatore del The Garage Studio, uno studio di registrazione immerso nella campagna aretina. Ma, tornando alla mia passione per i vini, questa nasce dalla realizzazione di un sogno: da un paio di anni produco sidro utilizzando mele antiche del Casentino e sono Sommelier certificata AIS e Co-fondatrice dell’Associazione Pommelier e Assaggiatori di Sidro. Nel mio blog, Sobria, racconto storie di vini genuini, ma soprattutto celebro i piccoli produttori, perché creano opere d’arte a due mani: quella della natura e la loro. Il mio focus anche qui è verso prodotti che provengono da una filiera sensibile alla parte sociale e ambientale della produzione. Da qualche anno ho anche un mio atelier, dove mi dedico alla pittura e alla scrittura.
FONTE: https://www.preziosamagazine.com/alice-vanni-italpreziosi