Continuiamo con la guida all'oro di Italpreziosi, strumento utile ed affidabile sia per esperti del settore dei metalli preziosi, sia per curiosi alla ricerca di una fonte autorevole per esplorare il mondo dell'oro in tutti i suoi aspetti.
Questa settimana parliamo di: Oro grezzo, oro puro e oro zecchino: quali differenze?
L'oro è uno dei metalli preziosi più ambiti al mondo, apprezzato per la sua bellezza, la sua rarità, ma soprattutto per il suo valore. Nel linguaggio colloquiale a volte utilizziamo espressioni come “oro grezzo”, “oro puro” e “oro zecchino” senza avere piena consapevolezza delle differenze. Scopriamo insieme qual è l’origine di queste definizioni.
Oro grezzo: il metallo giallo in natura
L'oro grezzo - anche chiamato oro nativo - è l'oro che viene estratto dalla terra e non ha subito alcun tipo di lavorazione. Di solito viene reperito sotto forma di pepite o filoni all'interno delle miniere. Le pepite d'oro grezzo possono variare in dimensione: da piccole particelle fino a massi di diverse decine di chili.
L'oro grezzo si trova in diverse parti del mondo, ma alcune delle principali aree di produzione includono Australia, Canada, Stati Uniti, Russia, Sud Africa e Cina. La maggior parte dell'oro grezzo viene estratto dalle miniere sotterranee o a cielo aperto.
Il suo aspetto può variare, in particolare nella colorazione, che dipende dalle impurità presenti nel materiale. L'oro grezzo, infatti, contiene spesso altri metalli - come argento, rame e platino - o altre sostanze come la silice o il quarzo, che ne influenzano colore e consistenza.
La sua composizione in natura, quindi, non è perfettamente pura, ma ha una percentuale di impurità variabile.
Il valore dell’oro grezzo
Il valore dell'oro grezzo dipende da diversi fattori, tra cui la sua purezza, la dimensione, la forma e la localizzazione geografica. In generale, l'oro grezzo è meno costoso rispetto all'oro lavorato, poiché deve ancora essere sottoposto ai processi di raffinazione che ne aumentano nettamente il valore e lo rendono adatto alla lavorazione per la produzione di lingotti, monete e gioielli.
Il prezzo dell'oro grezzo viene determinato dalle quotazioni dell'oro sul mercato delle materie prime, che a sua volta è influenzato da fattori economici e politici come l'inflazione, la domanda globale e la situazione geopolitica. Inoltre, i costi di estrazione dell'oro grezzo possono variare in base alla posizione della miniera e al livello di difficoltà nell’estrazione.
Come riconoscere l’oro grezzo?
Per riconoscere l'oro grezzo è importante tenere a mente alcune caratteristiche tipiche di questo metallo nella sua forma naturale.
Innanzitutto, l'oro grezzo ha una lucentezza caratteristica, di gran lunga diversa da quella di altri metalli. È molto brillante, anche se non ha ancora subito alcun tipo di lavorazione. Inoltre, l'oro grezzo ha un colore giallo brillante che non si altera nel tempo.
Sempre guardando all’aspetto, l’oro grezzo è caratterizzato da una forma tipicamente irregolare e da una texture ruvida e granulosa, determinata dalla presenza di impurità e di altri metalli.
Da un punto di vista fisico, invece, l'oro nativo ha una densità molto elevata rispetto ad altri metalli: questo significa che, se messo su una bilancia, ha un peso maggiore rispetto a oggetti simili realizzati con altri metalli.
In ogni caso, per riconoscere l'oro grezzo è importante affidarsi a esperti del settore, che possano analizzarlo e verificarne la composizione e la provenienza.
Il più prezioso: l’oro puro
L'oro puro, come suggerisce il nome, è l'oro nella sua forma più pura. Questo tipo di oro è costituito da una lega composta al 999,9 per mille da oro e allo 0,1‰ da altre sostanze. Il suo valore corrisponde a 24 carati, il livello più alto. Ricordiamo infatti che millesimi e carati sono le due unità di misura utilizzate per valutare la purezza dell'oro.
Una delle caratteristiche distintive dell'oro puro è la sua colorazione gialla intensa e uniforme, priva di variazioni o sfumature.
Per ottenere la massima purezza, l’oro è sottoposto a un processo di raffinazione molto accurato: l'oro viene fuso e separato dalle altre sostanze presenti nella composizione grezza, come argento, rame e platino. In questo modo, si ottiene un oro privo di impurità, puro al 999,9‰.
Una delle caratteristiche più apprezzate dell'oro puro è la sua resistenza alla corrosione e all'ossidazione, il che lo rende un materiale ideale per la creazione di prodotti che mantengano un valore inalterato nel tempo.
Essendo particolarmente malleabile non è adatto alla produzione di gioielli, per i quali di norma si impiega l’oro 18 carati, una lega che unisce al 75% di oro puro altri metalli che ne aumentano la durezza e la resistenza. Questa tipologia di oro solitamente è più conosciuta con il nome di oro 750, dove la purezza è espressa tramite il sistema dei millesimi.
I lingotti in oro puro come forma di investimento
L'oro puro viene spesso utilizzato per la produzione di lingotti, poiché è un materiale di alta qualità e di valore costante.
I lingotti d'oro sono barre solide di metallo prezioso, che possono essere acquistate in varie dimensioni e pesi, a seconda delle preferenze dell'acquirente.
L'utilizzo dei lingotti d'oro come investimento è molto diffuso perché rappresenta una forma di investimento stabile e sicura nel lungo termine.
I lingotti d'oro sono anche utilizzati dalle banche centrali come riserva di valore nonché come mezzo di pagamento in situazioni di crisi finanziaria e incertezza geopolitica.
Il prezzo dell'oro puro al grammo dipende da vari fattori, tra cui l'offerta e la domanda sul mercato mondiale, la qualità e la quantità di oro estratto e la situazione economica globale. È sempre possibile tenersi aggiornati e conoscere il costo dell’oro puro consultando le quotazioni dell'oro in tempo reale.
Oro zecchino: cosa significa?
Tutti noi abbiamo sentito tante volte l’espressione “d’oro zecchino”: ma, concretamente, cosa vuol dire?
In realtà non c’è differenza tra oro puro e oro zecchino: in entrambi i casi si fa riferimento al metallo prezioso nella sua formulazione più pregiata, ovvero l’oro 24 carati, con una purezza del 999,9 per mille.
Il valore dell’oro zecchino è quindi lo stesso dell’oro puro: il suo prezzo è determinato dalle quotazioni del metallo prezioso sui mercati.
Quando si usa l’espressione “oro zecchino” spesso si vogliono mettere in risalto le caratteristiche estetiche del metallo prezioso, e in particolare l’intensa colorazione gialla, tendente all’arancio.
L'origine dell'espressione risale ai tempi della Repubblica di Venezia e dell’istituto in cui le monete venivano coniate, la Zecca.
“Zecchino” è il nome che assunse il ducato d’oro di Venezia intorno alla metà del 1500: a seguito della preferenza data alle monete fresche di conio, aumentò il prezzo del ducato nuovo di zecca, che nel 1543 fu fissato a 7 lire e 12 soldi e battezzato zecchino.
La moneta veneziana fu poi imitata da altri Stati italiani anche nei secoli successivi, e molte altre valute presero il nome di “zecchino”: con questo termine si indicavano, in genere, i tagli con una qualità superiore a quella degli scudi d’oro e delle doppie.
Da qui deriva l’utilizzo dell’espressione “oro zecchino” per indicare un oro purissimo.
Al giorno d’oggi lo stesso termine si usa comunemente per sottolineare la qualità pregiata di particolari produzioni orafe - come la foglia d’oro zecchino, declinata anche in libretto - o articoli per la casa, spesso in ceramica, come servizi da tè o servizi di piatti “in oro zecchino”, o set di posate.
Al di là dell’utilizzo che viene fatto di questa espressione, è importante tenere a mente che l’oro zecchino non ha alcuna differenza reale rispetto all’oro puro.
L'imprenditrice Ivana Ciabatti: "Nessuno ci credeva, ora tratto a tu per tu con chi estrae l'oro"
Mai pensare di non essere all’altezza di una sfida. Le donne devono credere nelle proprie competenze, e nei propri sogni, senza aver paura di fallire. Così, tutto diventa possibile".
Può sembrare un po’ troppo ottimista Ivana Ciabatti, 64enne signora aretina che ha messo insieme dal nulla la Italpreziosi di Arezzo (oggi azienda leader nella lavorazione, nel commercio e nel trading di metalli preziosi e punto di riferimento per il polo orafo italiano e internazionale, con fatturato di 6 miliardi e mezzo nel 2020), sfidando fuochi di sbarramento maschili, in patria e non. Ma lei ne è convinta: no, non è questione ottimismo astratto, dice, "solo di fiducia in se stesse". Proprio quello, purtroppo, che tanto spesso alle donne manca. La prova sta nella sua stessa biografia, che parte da un paesino di contadini nel casentino, dove la piccola Ivana "sogna, guardando il cielo, di andare sulla luna", per poi, più grande, usare i depliant delle agenzie di viaggio "per le prime trasvolate immaginarie".
Finché arriva il primo viaggio vero, in autostop, e poi tutti gli altri, con mete sempre più lontane. E oggi che di mondo ne ha visitato «almeno due terzi», la signora può dire che il sogno dell’infanzia, intanto, è diventato realtà.
Ma c’è poi il resto. Sì, perché Ivana Ciabatti è una "imprenditrice autonoma", come tiene a dire, nel senso che ha fatto "tutto da sola". Ovvero, "facendomi aiutare, certo, quando è stato necessario, ma sempre mettendoci la faccia in prima persona, giocandomela con i miei mezzi". Il tutto, sia chiaro, senza affatto rinunciare alla famiglia, a un marito, e a due figlie educate anche loro, ovviamente, "a credere in se stesse", il miglior viatico per le giovani generazioni femminili. E così eccola, nel 1984, a 27 anni, trasformarsi da impiegata in un’azienda orafa in piccola imprenditrice in proprio, dopo aver contagiato con il suo entusiasmo "un socio finanziatore, che ha investito nel mio progetto", mentre lei, memore della parsimonia familiare, faceva benzina "a 10 mila lire a volta, per non spendere troppo".
E dopo poco, decidere il secondo salto: comprare la materia prima grezza da cui ricavare l’oro puro (in lingotti destinati agli orafi, agli investitori privati, ai caveau delle banche) direttamente dalle miniere. "Fu una rivoluzione, in Italia, allora, non lo faceva nessuno". Ivana fa le valigie, e, manco a dirlo, si mette in viaggio. L’impresa è ardua, il settore, ad ogni latitudine, dal Medio Oriente, all’Africa, all’America del nord e del Sud, all’Africa, all’Oceania, è dominato dai maschi e, dice lei, "credo di essere tuttora l’unica donna al mondo a trattare a tu per tu con gli estrattori, a chiedere di visitare le miniere". Follia? "Sì, ma in certi casi necessaria". Una volta, in Ghana, il re locale proprietario di una miniera le propone di diventare “regina madre’’, con tanto di rito di iniziazione: "Ho avuto una gran paura, ma lui voleva solo dirmi che mi dava fiducia".
In Arabia Saudita un suo interlocutore, dando per scontato di aver preso appuntamento con un uomo, si è rifiutato di riceverla, "ma io ho resistito, mi sono presentata per tre giorni di seguito, il terzo mi ha aperto la porta". Da allora, racconta la signora, "sono accolta ovunque con tutti gli onori, e la ragione è semplice: mi sono guadagnata la stima del settore", cioè dei maschi che lo presidiano, che pure hanno tentato di scoraggiarla con ogni mezzo (compreso il più usurato, il corteggiamento), senza però smuoverla di un millimetro.
E alle donne, da donna, Ivana vuole dirlo chiaro: "Lasciate perdere le quote rosa, che vuol dire non credere nelle proprie capacità, puntate su quel che sapete fare, che avete voglia di fare. E fatelo. Solo così si può avere ragione di un mondo maschile che frappone continui ostacoli, ma alla fine è costretto riconoscere il nostro valore". Banalmente: perché serve anche a loro.
Da "la Repubblica" del 7 Marzo 2021, di Maria Cristina Carratù.
Da alcuni anni è membro del board e Director Sustainability Climate Change, Nature, Gender Equality e Responsible Sourcing di Italpreziosi ed è impegnata quotidianamente a garantire che il cammino fatto fin’ora per promuovere la sostenibilità non si arresti.
Roma non è stata fatta in un giorno, ma in oltre 40 anni di attività Italpreziosi è riuscita a tracciare un percorso coerente, orientato alla sensibilità ambientale cha le ha consentito di diventare un modello di business. Fissando inizialmente degli standard volontari e progressivamente integrandoli, l’azienda di affinazione di Arezzo ha ottenuto numerose certificazioni e ha raggiunto traguardi e riconoscimenti che ne fanno un unicum tra i player di settore. Alice Vanni membro del board e Director Sustainability Climate Change, Nature, Gender Equality e Responsible Sourcing è impegnata quotidianamente a garantire che il cammino fatto fin’ora per promuovere la sostenibilità non si arresti e tra formazione, crititicità, opportunità e cambiamenti fotografa lo stato dell’arte in materia ambientale nel settore orafo.
Alice Vanni
◗ Italpreziosi ha di recente ricevuto al BtoB Award l’ennesimo riconoscimento per l’impegno ESG (Environmental, Social and Governance). Come è iniziato questo percorso?
Il nostro percorso verso la sostenibilità è iniziato da una visione chiara e lungimirante, promossa dalla leadership di mia madre, Ivana Ciabatti, che ha creduto sin da subito nella possibilità di creare valore positivo attraverso il business. Questo impegno si è concretizzato già nel 2008, con un primo progetto in Honduras che mirava a sostenere le comunità minerarie locali, dimostrando come un approccio olistico potesse integrare obiettivi ambientali e sociali in tutte le attività. Oggi siamo orgogliosi dei risultati raggiunti, ma il nostro cammino è tutt’altro che concluso. Quest’anno per i 40 anni dell’azienda abbiamo ottenuto la certificazione B CorpTM. Siamo l’unica affinazione del nostro settore a livello internazionale ad oggi ad averla ottenuta. Per noi ha rappresentato un momento importante per dimostrare che è possibile anche nel nostro settore fare business etico e durante ogni evento sproniamo tutte le controparti ad iniziare come noi questo percorso.
◗ Attraverso quali azioni concrete si declina la sostenibilità in tutte le funzioni di un’organizzazione? Che impatto ha avuto nella Value Chain di Italpreziosi e come l’avete applicata nel quotidiano?
La sostenibilità in Italpreziosi è il frutto di una visione olistica, che coinvolge l’intera organizzazione e la catena del valore. Uno dei passaggi chiave è stato condurre un’analisi di materialità nel 2019, per identificare i temi più rilevanti per i nostri stakeholder e per comprendere pienamente rischi, impatti e opportunità. Inoltre tengo molto alla formazione. Abbiamo lavorato per sensibilizzare tutti gli stakeholders, dai dipendenti ai partner di filiera, fino anche al Consiglio di Amministrazione su temi come la sostenibilità, cambiamento climatico, natura, diversità ed inclusione. Nella filiera già dal 2019 avevamo creato il sito formativo “Chain of Information”, perché le controparti potessero condividere a catena informazioni con le loro controparti. Lo stesso approccio è valso con i dipendenti. Ad oggi, oltre alla formazione sulle certificazioni ISO su qualità, ambiente, sicurezza ed etica, ci concentriamo anche su temi quali diversità ed inclusione. Abbiamo anche creato un riconoscimento interno per premiare le iniziative di singoli dipendenti: “Campione della Sostenibilità”.
◗ Qual è, secondo lei, l’anello ancora debole della filiera orafa, quello per cui ancora si presentano criticità?
Preferisco parlare di “opportunità”, perché anche le criticità possono rappresentare un punto di partenza per il miglioramento. Il contesto normativo presenterà nuove sfide, e sarà quindi necessario essere più resilienti nel programmare strategie in maniera più consapevole ed efficiente. Nel nostro settore vedo ancora un dibattito nazionale troppo acerbo su molti temi rilevanti, rischiamo che questi diventino critici perché non gestiti in tempo. Le PMI, in particolare, hanno bisogno di maggiore supporto da parte delle associazioni e delle autorità del settore, sia attraverso eventi formativi sia con strumenti pratici per allinearsi alle normative emergenti.
◗ Quale consiglio darebbe ad una azienda orafa che vuole certificarsi oggi?
La prima cosa: non avere paura. Ma soprattutto di non guardare ai costi iniziali come costi, ma come investimenti che permetteranno benefici nel lungo termine. La sostenibilità non è un tema confinato a un’area specifica, ma deve permeare ogni aspetto dell’organizzazione. Consiglio inoltre di iniziare a redigere report di sostenibilità, anche se brevi e semplici, prima internamente poi esternamente, utilizzando le linee guida degli standard internazionali, ci sono tanti strumenti online disponibili anche per semplificare il primo approccio.
◗ Lei viaggia molto e ha modo di tenere speech in contesti internazionali. Quali sono secondo lei i Paesi che hanno al momento una maggiore sensibilità verso questo tema e quali meno?
Va fatta una distinzione tra la domanda e l’offerta. In generale negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita della domanda di gioielleria sostenibile e certificata. Tra i paesi più sensibili nel settore emergono Regno Unito, Germania e Paesi nordici, Stati Uniti. Un problema che ho riscontrato nei miei viaggi è la “politicizzazione” della sostenibilità, tra negazionismo e “schieramento” politico, che supporta una retorica molto pericolosa, perché considera la sostenibilità non come fondamento per una strategia di business resiliente e soprattutto per una società più equa, ma come un ostacolo.
◗ Quale futuro per la sostenibilità?
Nel settore orafo le regolamentazioni saranno sempre più stringenti, così come le direttive europee CSRD e CSDDD, che obbligheranno le aziende a integrare criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle loro strategie. Di recente ho letto una ricerca che evidenzia come la dimensione del mercato globale dei gioielli sostenibili è stata valutata a circa 58,5 miliardi di dollari nel 2023 e si prevede che raggiungerà i 97,8 miliardi di dollari entro il 2032*, trainata dalla crescente domanda di materiali recuperati e pratiche di approvvigionamento responsabili. L’obiettivo sarà quindi non solo adeguarsi alle normative, ma anche rispondere alle aspettative di consumatori sempre più attenti ai temi etici e ambientali.
◗ Ha un legame speciale con le sue radici ed è un’appassionata di vini. Ci racconta brevemente chi è Alice quando smette i panni della manager?
Sono molte cose, tutte legate alla mia passione per l’arte, la terra e la musica. La musica perché supporto l’attività di mio padre, Fabrizio Vanni, che è fondatore del The Garage Studio, uno studio di registrazione immerso nella campagna aretina. Ma, tornando alla mia passione per i vini, questa nasce dalla realizzazione di un sogno: da un paio di anni produco sidro utilizzando mele antiche del Casentino e sono Sommelier certificata AIS e Co-fondatrice dell’Associazione Pommelier e Assaggiatori di Sidro. Nel mio blog, Sobria, racconto storie di vini genuini, ma soprattutto celebro i piccoli produttori, perché creano opere d’arte a due mani: quella della natura e la loro. Il mio focus anche qui è verso prodotti che provengono da una filiera sensibile alla parte sociale e ambientale della produzione. Da qualche anno ho anche un mio atelier, dove mi dedico alla pittura e alla scrittura.
FONTE: https://www.preziosamagazine.com/alice-vanni-italpreziosi
L'oro ha sempre esercitato un fascino unico: nel corso dei secoli è stato considerato un simbolo di ricchezza e potere.
Ma l'oro è molto di più di un metallo prezioso: è un universo di sfumature e significati che tocca vari aspetti della nostra vita.
Per questo, Italpreziosi, Società benefit e certificata B Corp, ha voluto realizzare una Guida all'oro: un compendio essenziale, ma completo e autorevole, per chiunque desideri approfondire la conoscenza del metallo giallo sotto molteplici aspetti.
In questa Guida esploriamo il mondo dell'oro partendo da aspetti fondamentali come il colore, il significato di oro puro e il sistema di caratura.
Approfondiamo poi il tema dell’oro da investimento, il sistema di quotazioni e il fixing, la storia del prezzo dell’oro e la normativa italiana sulla tassazione della compravendita di oro.
Segue un focus fondamentale sul tema della sostenibilità lungo tutta la filiera e all’interno della nostra azienda, per concludere con alcune curiosità sull’oro alimentare e sul suo utilizzo nelle cucine più ricercate al mondo.
La Guida all’oro di Italpreziosi è uno strumento utile e affidabile sia per esperti del settore dei metalli preziosi, sia per curiosi alla ricerca di una fonte autorevole per esplorare il mondo dell'oro in tutti i suoi aspetti.
Iniziamo con Le differenze tra oro giallo, bianco, rosa e rosso
Quando si parla di oro, il pensiero va immediatamente al colore intenso e brillante del metallo prezioso così come lo si trova in natura. In realtà esistono diversi tipi di oro, creati artificialmente per modificarne le caratteristiche e adattarle ai vari utilizzi. Oro giallo, oro bianco, oro rosa e oro rosso sono le principali tipologie: si distinguono non solo per il colore, ma soprattutto per la composizione che li determina, e per come il metallo viene impiegato.
L’oro puro in natura
Facciamo un passo indietro: l’oro in natura si trova sotto forma di pagliuzze, di grani o di pepite. L’oro puro, al suo stato naturale, non è assolutamente duro come lo conosciamo, ma è invece particolarmente malleabile e di conseguenza facilmente deformabile: questa caratteristica ne rende estremamente difficile la lavorazione per la realizzazione di gioielli e altri prodotti preziosi.
Per questo motivo - oltre che per ridurne il costo - nella maggior parte dei casi viene fuso con altri metalli, affinché diventi più resistente.
L’oro e le sue leghe metalliche
Il valore dell’oro si stima attraverso la caratura: il carato è l’unità di misura con cui si indica la quantità di oro presente all’interno di un gioiello o di un altro prodotto. Per convenzione il valore massimo è fissato a 24 carati, che corrispondono all’oro puro.
Quando l’oro non è puro, viene fuso con altri metalli, che formano una lega: di norma vengono aggiunti argento e rame, ma tra le leghe possibili ci sono anche quelle con nichel, rodio o platino. All’aumentare della percentuale di altri metalli diminuisce la caratura dell’oro, e quindi anche il suo valore economico.
I metalli vengono fusi a temperature estremamente elevate: raffreddandosi, la lega metallica si solidifica e assume il suo colore finale, determinato dalle percentuali di oro e degli altri metalli che la compongono.
I colori dell’oro: giallo, bianco, rosa e rosso
I colori dell’oro - giallo, bianco, rosa e rosso sono i principali - sono dunque determinati dalle diverse percentuali dei metalli che lo compongono.
Questo grafico è un utile strumento per prevedere il colore del prodotto finale, seguendo le percentuali dei tre metalli più frequentemente utilizzati: oro, argento e rame.
Per modificare il colore dei gioielli in oro sono state sviluppate anche altre tecniche, come la galvanizzazione: si tratta di un particolare bagno che consente al metallo presente nella soluzione di ricoprire la superficie del gioiello, modificandone l’aspetto. Una delle galvanizzazioni più diffuse è quella con il rodio, utilizzato per dare il tipico aspetto brillante all’oro bianco.
L’oro giallo: splendore senza tempo
Conosciuto fin dai tempi dell’antico Egitto, l’oro giallo è sempre stato associato all’idea di splendore.
Giallo è il colore del metallo in natura: molto intenso, tendente all’arancio, mantiene questa caratteristica nella sua versione pura, l’oro 24 carati, utilizzato principalmente per la realizzazione dei lingotti d'oro e delle monete da collezione.
In gioielleria viene impiegato l’oro giallo 18 carati, realizzato con una lega composta per il 75% da oro e per il restante 25% da percentuali variabili di argento (7-12%) e rame (13 - 18%).
Maggiore è la presenza di altri metalli, minore sarà l’intensità del giallo: nei gioielli di valore più contenuto, ad esempio, viene spesso utilizzato anche l’oro 9 kt, che contiene il 37,5% di oro e proprio per questo viene chiamato comunemente “oro 375”.
La brillante eleganza dell’oro bianco
Se l’oro giallo è quello dal colore più tradizionale per la creazione di gioielli, nel tempo ha riscosso un sempre maggior successo l’oro bianco, da molti ritenuto più discreto e quindi più elegante.
Inventato nel 1800, l’oro bianco si è diffuso dalla fine degli anni ‘20 del Novecento: impiegato come alternativa economica al platino, che veniva utilizzato in ambito militare, ben presto è diventato il secondo materiale più utilizzato per i gioielli, dopo l’oro giallo. Negli ultimi decenni è diventato sempre più di tendenza, soprattutto per gli anelli di fidanzamento e le fedi nuziali.
Ma cosa contiene l’oro bianco? Partiamo dal presupposto che i gioielli in oro bianco sono spesso certificati a 18 carati- il cosiddetto oro bianco 750 - quindi la composizione è per il 75% oro e per il restante 25% nichel, palladio, manganese, argento o platino.
La lega di oro e nichel rende il metallo più resistente, ideale per anelli e spille, ma potrebbe causare allergie. La lega con il palladio, invece, dà vita a un oro più morbido ed è usata in gioielli che prevedono l’incastonatura di pietre.
Come anticipato, l’aspetto inconfondibile dell’oro bianco non è determinato tanto dalla sua composizione chimica, quanto dal processo di galvanizzazione, che riveste il gioiello di un strato di rodio o platino donandogli la tipica brillantezza.
Inoltre la rodiatura conferisce una maggiore resistenza al gioiello. Il rodio è tuttavia un metallo costoso, e il suo impiego nel processo di galvanizzazione tende a rendere i gioielli in oro bianco più cari delle creazioni in oro giallo.
La galvanizzazione è anche il motivo per cui, dopo un certo periodo di tempo, l’oro bianco inizia a diventare giallo: il rivestimento in rodio inizia a consumarsi, rivelando il colore più dorato della lega.
Il processo è determinato da vari fattori, come la frequenza di utilizzo del gioiello, il pH della pelle, l'utilizzo di detergenti aggressivi, ma anche elementi esterni come la qualità dell’aria e il livello di inquinamento dell’ambiente circostante. Per moltissimo tempo l’oro rosa è stato chiamato oro russo, perché era estremamente diffuso nell’impero zarista di inizio Ottocento.
Nel tempo si è diffuso anche in Europa e negli ultimi decenni è tornato particolarmente di moda: viene utilizzato per ogni tipo di gioiello, incluse le fedi nuziali, ideali per le coppie più originali.
Come si ottiene l’oro rosa? La sua composizione è determinata da una lega di oro, rame e spesso argento, in proporzioni variabili in base al valore del gioiello.
L’oro rosa 18 carati è composto di norma da un 75% di oro, un 20% di rame e un 5% di argento. Di minor valore - e quindi di costo più contenuto - sono i gioielli in oro rosa 12 kt, composti al 50% da oro e al 50% da rame.
L’unica differenza tra oro rosa e oro rosso è il colore, che - come abbiamo imparato - è determinato dalla composizione chimica. Scopriamo insieme quali sono le differenze.
L’inconfondibile fascino dell’oro rosso
Se l’oro rosa è composto da una lega di oro, rame e argento, l’oro rosso deve il suo colore più intenso a una composizione più pura: 75% di oro e 25% di rame, per i gioielli in oro 18 kt.
Come il suo simile rosa, l’oro rosso era particolarmente apprezzato dalla nobiltà russa: fu il celebre gioielliere Peter Carl Fabergé a favorirne la diffusione, utilizzandolo per alcune delle sue preziose uova decorative, nella seconda metà dell’Ottocento.
In Europa la moda dell’oro rosso prese piede a inizio Novecento, quando la maison Cartier realizzò una versione in oro rosso del suo celebre anello Trinity, nel 1924.
Negli ultimi anni la domanda di oro rosso è progressivamente aumentata, soprattutto nei Paesi dell’Est Asia. È utilizzato in tutte le tipologie di gioielli - orecchini, bracciali, collane, anelli di fidanzamento e fedi nuziali - ed è spesso abbinato a pietre preziose e diamanti.
Il suo valore è determinato, oltre che dalla composizione, anche dal retaggio aristocratico, dall’originalità e dalla rarità delle creazioni, e dalle caratteristiche fisiche: resistenza e durata nel tempo.
Quale oro vale di più
Come abbiamo approfondito, il valore dell’oro non è determinato dal suo colore, ma dalla composizione: al di là dei metalli con cui viene realizzata la lega, a fare la differenza nel valore - e quindi nel costo - di un gioiello è la quantità di millesimi di oro puro nel prodotto.
Gli elementi che vengono fusi con l’oro - come rame, palladio, argento, nichel, zinco, platino - incidono sulle caratteristiche fisiche della lega e ne determinano l’utilizzo (in base a una maggiore o minore duttilità) oltre che, ovviamente, il colore finale dell’oggetto prezioso.
L'oro è un dono della natura che il genere umano ha apprezzato, ricercato e lavorato sin dall'alba dei tempi.
E' il materiale principe per la gioielleria, un abbellimento della persona che da millenni affascina la natura umana. Ha caratteristiche fisiche così particolari, unite al suo colore, alla sua brillantezza che lo fa definire metallo nobile (qualità di alcuni metalli di soffrire poco la ossidazione), alla resistenza a quasi tutte le combinazioni di soluzioni chimiche (è infatti detto "inattaccabile"); noto da sempre per le caratteristiche metallurgiche -è duttile e malleabile- che lo hanno reso ideale per le lavorazioni che può sopportare oltre al fatto di essere recuperabile con relativa facilità, esso non si disperde neanche se buttato nel fuoco (a differenza della carta o dei componenti chimici che una volta miscelati non si possono più separare).
Il centro e sudamerica con le civiltà precolombiane hanno messo a disposizione dei Conquistadores enormi quantità di oro precedentemente utilizzato per ornamento dei regnanti, ma già prima di allora esistevano fiorenti luoghi di lavorazione un po' ovunque sulla superficie terrestre, ad esempio ricordiamo ritrovamenti importanti (il Tesoro di Priamo) anche nella Grecia antica.
Anche gli etruschi un migliaio di anni prima di Cristo lo lavoravano per gli stessi scopi, il loro metodo chiamato granulazione permetteva di creare motivi o disegni costituiti da semi sfere saldate fra loro.
Lo sviluppo della chimica grazie ad un chimico arabo noto come Geber (ca. 750 dC), con l'uso di mercurio, arsenico ed acqua regia per la purificazione dei minerali si pongono le basi per quello sviluppo dell'oreficeria che nel Rinascimento italiano ha visto giganti come Benvenuto Cellini creare capolavori immortali.
La monetazione (prima per fusione poi per stampatura o conio) ha dato il via alla lavorazione artigianale cogli strumenti che si trovano tuttora in qualunque bottega orafa: una fonte di calore, martello, pinze lima e bulino.
Nel 20º secolo, come per tanti altri prodotti, la produzione ha preso caratteristiche industriali sviluppandosi in alcune aree fra le quali in Italia si segnalano il Veneto, la Lombardia e l'aretino.
La più antica azienda orafa locale prosegue la sua attività e vende i suoi prodotti contrassegnati dal simbolo "1AR" da circa un secolo dalla sua fondazione, come prevede la legge a tutela dei consumatori.
Le necessità industriali del distretto hanno sviluppato un intero sistema di produzione che ha visto crescere tutte le opportunità a sostegno di questa lavorazione: specializzazioni chimiche, meccaniche, formative, espositive.
Quelle incentrate intorno al recupero dell'oro contenuto in qualsiasi prodotto hanno reso la provincia aretina leader a livello europeo e permettono a questa provincia di essere da anni ai vertici delle classifiche di fatturato export. I macchinari di lavorazione proposti da aziende aretine sono appetibili per i fabbricanti di oreficeria in tutto il mondo. Una scuola superiore propone il percorso "orafi" e ad essa giungono studenti da tutto il globo. Una filiera che ha reso evidente la necessità di una vetrina specifica per i prodotti del distretto attraverso una fiera dell'oreficeria ed argenteria aretina che da circa quarant'anni si tiene in città annualmente.
Un punto di incontro tra domanda e offerta dove l'aspetto della presentazione e della soddisfazione dei visitatori diviene fondamentale tant'è che ad Arezzo la direzione artistica e creativa della esposizione è affidata a Beppe "Sugar" Angiolini, un nome ed una garanzia nel sistema moda di cui l'oreficeria rappresenta un importante complemento.
Da molti decenni creatori o stilisti collaborano con le industrie orafe aretine: come non ricordare la medaglia dell'amore che da circa cinquant'anni viene proposta con il suo motto "più di ieri, meno di domani"; centinaia di prodotti unici sono stati realizzati dalle aziende aretine partecipanti alla fiera orafa aretina sulla base dei disegni di importanti firme della moda o valenti artisti.
Alcune centinaia di questi gioielli unici sono adesso esposti nel museo dell'oro posto nei pressi di Piazza Grande in Arezzo: qui è possibile per il pubblico prendere visione di monili realizzati proprio seguendo le intuizioni di questi " artisti" e divenuti realtà grazie alle mani d'oro degli "artigiani" aretini.
Circa 10.000 addetti lavorano in oltre mille aziende dell'aretino che non solo producono oreficeria in oro nelle forme estetiche più diverse, ma offrono monili e accessori di abbigliamento in argento o altri materiali dal costo più contenuto rispetto al metallo giallo che ha raggiunto quotazioni record negli ultimi periodi; oltre a questo, una rete di sub fornitori che offrono prodotti e servizi indispensabili come le chiusure (anelli a molla, pappagalli, clip per orecchini ect ect) o sono specializzati in singoli fasi della produzione, come la galvanica.
Una magia che direttamente da Arezzo atterra nei negozi di tutto il mondo grazie a numerose eccellenze imprenditoriali.
Alessandro Ruzzi
Che cos'è il Rapporto di Impatto?
È uno strumento chiave con cui le aziende condividono le loro performance ambientali, sociali e di governance (ESG), basate su standard di valutazione omogenei e riconosciuti da terze parti.
Per noi di Italpreziosi, come Società Benefit, il Rapporto di Impatto significa trasparenza verso i nostri stakeholder e impegno concreto per creare un beneficio comune. Dal 2019, ci impegniamo a redigere questo rapporto annualmente, dimostrando il nostro costante impegno a favore di un futuro più equo e sostenibile!
Scopri come le nostre azioni nel 2023 stanno contribuendo a un futuro più sostenibilie ed equo! Esplora il Rapporto d'Impatto e lasciati ispirare dal nostro viaggio verso un mondo migliore.
Vai su https://www.italpreziosisustainability.com/ per saperne di più!