La Fortezza Medicea da sabato 25 gennaio 2025 è aperta al pubblico con il seguente orario:
 
da lunedì al venerdì (chiusura il martedì) dalle ore 11.00 alle ore 17.30 (ultimo ingresso 17.00)
sabato e domenica dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso 17.30)
 

Tariffario ingressi:

5 € Intero

2 € Over 65 anni – Soci Fai – Soci coop – Da 14 a 26 anni 

10 € Biglietto Famiglia

Gratuito Minori di 14 anni – Giornalisti – Guide turistiche – Professori con scolaresca – residenti nel comune di Arezzo

 

 IL COLLE DI SAN DONATO

La Fortezza Medicea di Arezzo sorge sull’altura di San Donato, che elevandosi a controllo della città e dell’area circostante permette allo sguardo di spaziare fino ai rilievi che preludono al Chianti ad ovest, alle pendici del massiccio del Pratomagno a nord-ovest, alle Alpi di Catenaia e di Poti a nord- est e ad est, e al monte Lignano a sud.

Su questa altura e sul vicino colle di San Pietro, ora occupato dal Duomo, era il fulcro della città antica dove si concentravano importanti monumenti pubblici a carattere civile e religioso; molti di essi sono oggi solo intuibili dalla presenza di enormi blocchi di arenaria, rocchi di colonna in granito e spezzoni di muro riutilizzati e inglobati nei paramenti della Fortezza cinquecentesca.

Nonostante le tante trasformazioni occorse nei secoli abbiano pesantemente trasformato l’aspetto di questo luogo, le testimonianze archeologiche rimaste ce ne narrano la storia.

Il colle fu popolato sin dall’età etrusco arcaica (VI sec. a.C.), quando Arezzo era sede di un potente centro urbano, come testimoniano alcuni frammenti di vasellame in bucchero rinvenuti durante i recenti scavi archeologici condotti dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena Grosseto e Arezzo.  Nel IV secolo a. C. viene incluso all’interno del circuito murario difensivo. Nel II sec. a.C. fu costruito un massiccio edificio in blocchi squadrati di arenaria, oggi visibile in viale Buozzi tra i bastioni della Spina e del Belvedere (fig. 1, n. 3). Il monumento è stato definito in modo improprio “Capitolium” per la sua struttura tripartita che richiama quella dei templi dedicati alle tre divinità principali del Pantheon romano, ma la sua destinazione religiosa è ipotizzabile anche grazie al rinvenimento di decorazioni in terracotta e di offerte votive.

Pesanti trasformazioni furono operate nell’area in età romana, quando la città di Arretium si ingrandì fino ad arrivare alle rive del fiume Castro, che, oggi coperto, scorre ai piedi della collina. 

Dagli ultimi decenni del I sec. a.C., infatti, la città era stata palcoscenico di un intenso e rapido sviluppo economico, demografico ed urbanistico, legato all’espandersi delle manifatture di un particolare tipo di ceramica di colore rosso corallo e dalla superficie resistente e lucida, la Terra Sigillata Aretina, che rese Arezzo celebre in tutto il mondo romano e portò grande ricchezza alla città.

Sfarzose abitazioni decorate con pitture alle pareti e pavimenti a mosaico sorsero lungo le vie principali, ancora oggi ricalcate da Corso Italia e da via San Lorenzo-via Pellicceria, e vennero costruiti edifici per l’intrattenimento e la ricreazione, come l’Anfiteatro, situato ai limiti della città antica, le Terme, che hanno restituito splendidi mosaici oggi visibili al Museo Archeologico Nazionale G.C. Mecenate, e il Teatro, esteso sulle pendici che scendono dal colle di San Donato verso l’area del Colcitrone (fig. 1, n. 4).

Di questo importante edificio per spettacoli resta oggi solo parte della sostruzione delle gradonate  per gli spettatori, costruita in opera cementizia, visibile lungo viale Buozzi tra i Bastioni del Belvedere e della Chiesa. Come si ricava dalle descrizioni effettuate durante gli scavi ottocenteschi, il Teatro era decorato con terrecotte architettoniche e pietre pregiate e aveva un fronte scena in mattoni rivestiti da preziosi marmi colorati; non distanti da esso furono rinvenute strutture e cisterne riconducibili ad ambienti termali, probabilmente alimentati dall’acquedotto pubblico che, arrivando da nord, attraversava la sommità della collina per portare l’acqua in città. Un’altra monumentale cisterna, con volte a botte sostenute da pilastri in pietra, era nell’area tra l’attuale ingresso della Fortezza e il Prato.

Sul lato settentrionale del colle, all’interno della Fortezza, è stato recentemente rinvenuto un edificio risalente al I sec. d.C. (fig. 1, n. 7), con splendidi pavimenti a mosaico rappresentanti motivi a stuoia e a nido d’ape, una soglia riccamente decorata da un tappeto geometrico in bianco e nero (fig. 2) e pareti decorate con pitture su fondo nero riconducibili al III Stile pompeiano. Non sappiamo quale fosse la destinazione dell’edificio, anche se la posizione e le ricche decorazioni fanno ritenere probabile una sua funzione pubblica.

Alla metà del II sec. d.C. uno dei vani fu oggetto di pesanti ristrutturazioni e probabilmente utilizzato come luogo di culto per una divinità di origine orientale, Mithra, la cui religione si andava diffondendo particolarmente in località caratterizzate da una vivace società multiculturale, come doveva essere a quel tempo Arretium, grazie all’arrivo di manodopera per le officine ceramiche dalle altre zone dell’Impero.

Dopo la caduta dell’Impero Romano la città si contrasse notevolmente e tra il V e il VI sec. d.C.  i due colli di San Pietro e di San Donato, dove doveva concentrarsi gran parte dell’abitato tardo antico, furono cinti da mura difensive costruite con materiali ricavati dalla distruzione degli antichi monumenti.

Nel XII-XIII secolo la città viene cinta da nuove mura, oggi visibili in parte all’interno dei bastioni del Soccorso e della Chiesa. Quest’ultimo deve il suo nome alla presenza della Chiesa di San Donato in Cremona, menzionata dalle fonti sin dal 1089 e recentemente oggetto di numerose campagne di scavo che ne hanno riportato in luce le diverse fasi (fig. 1, n. 6). La chiesa, a pianta rettangolare absidata, suddivisa in tre navate per mezzo di pilastri, nel XIII secolo fu dotata di una cripta con due colonne, una delle quali antica, di riutilizzo (fig. 3); nel XVI secolo l’abside fu eliminata e vennero impiantati sotto al piano pavimentale delle navate nove silos, per la conservazione di derrate alimentari in quello che doveva essere l’ultimo baluardo cittadino.

A partire dal XIII secolo la città di Arezzo si configura come un castello costituito da un borgo e da una zona signorile definita, nelle fonti scritte, Cassero Grande, poi Cittadella e Casseretto o Cassero, nella quale erano i palazzi pubblici, difesa e delimitata da un proprio muro di cinta, collocata dove ora sorge la Fortezza.

A questo periodo si riferiscono la Porta dell’Angelo (fig. 1, n. 8) (così chiamata per il rinvenimento di una statua di San Michele  in una nicchia collocata sopra apertura (fig. 4)¸ e il bastione identificato durante gli scavi archeologici condotti presso l’attuale ingresso della Fortezza (fig. 1, n. 10).

Fino a tutto il XV secolo le alterne vicende politiche di Arezzo hanno determinato distruzioni e rifacimenti delle strutture presenti nella sommità del colle, delle quali abbiamo notizia dalle fonti storiche ma nessuna testimonianza materiale.

LA FORTEZZA MEDICEA

All’inizio del XVI secolo Arezzo è in mano ai fiorentini. Nel 1502, dopo il fallimento di una ribellione da parte degli aretini contro Firenze, quest’ultima pianifica una riconversione del Cassero per adeguarlo alle mutate esigenze belliche dovute al diffondersi dell’utilizzo delle armi da fuoco.

Il primo progetto fu affidato a Giuliano da Sangallo a cui si affiancò nel 1508 il fratello, Antonio il Vecchio. Di questo periodo restano i bastioni della Chiesa e del Soccorso, caratterizzati da una particolare conformazione “a cuore” (fig. 1, n. 2). La Fortezza venne completata nel 1540 su nuovo progetto da Antonio da Sangallo il Giovane, che integrò le parti precedentemente costruite e quelle superstiti all’ennesima ribellione degli aretini avvenuta tra il 1529 e il 1530. Questa rivolta, che comportò la distruzione di diverse parti della vecchia Fortezza, determinò la scelta di costruire una roccaforte più facilmente difendibile a diretto controllo della città: prima di procedere alla nuova costruzione, si decise di “rovinare ogni cosa…tanto le mura castellane verso la città et tutte le torri, et casamenti et palazzone di dicta cittadella: tutto se ha da ridurre in piazza”.

Anche la parte di città che sorgeva nella vallecola che separava i colli di San Donato e di San Pietro fu rasa al suolo per creare uno spazio aperto e maggiormente difendibile intorno alla Fortezza; furono mantenuti i bastioni “a cuore” e ne furono costruiti altri tre: Belvedere (a ovest), Diacciaia (a nord, che deve il nome alla diacciaia recentemente riportata in luce, (fig. 1, n. 9) e, al centro, il bastione della Spina. Quest’ultimo fu costruito con una forma appuntita, diversa rispetto agli altri, come elemento di dissuasione rivolto verso la città.

Nel 1782 il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, grazie anche al particolare periodo di pace di cui godeva la città, decise la dismissione della Fortezza e soppresse il presidio militare.

L’anno successivo la Fortezza fu messa in vendita e acquistata dalla famiglia Gamurrini che trasformò tutto in fondo agricolo.

Nel 1799 la struttura difensiva venne riattivata in occasione della ribellione contro i francesi che avevano occupato l’intera regione, ma nell’ottobre del 1800 le truppe napoleoniche entrarono in città; come gesto punitivo venne minato il Bastione del Belvedere (ancora oggi spaccato in due parti) e successivamente quelli del Soccorso e quello della Chiesa; nel novembre dello stesso anno i francesi entrarono nella Fortezza danneggiando gli edifici adibiti a magazzini e distruggendo la chiesa di San Donato in Cremona.

Dopo l’allontanamento delle truppe francesi la Fortezza venne acquistata dalla famiglia Fossombroni (1816) che la trasformò nuovamente in fondo agricolo, demolendo gran parte degli edifici presenti all’interno.

Nella planimetria catastale del 1826 sono presenti due sole strutture: una parte degli alloggi per i soldati trasformata in casa colonica e lo “studiolo Fossombroni” sopra il Bastione della Spina; nel 1893 Fossombroni lasciò la Fortezza in eredità al Comune di Arezzo, che ha intrapreso imponenti lavori di restauro a partire dal 2010.

Testo: Ada Salvi, Hermann Salvadori

Pubblicato in Eventi Arezzo
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