Ultimo giorno di Carnevale. La tradizione locale vuole una Bibbiena divisa in due rioni: quello dei “Piazzolini”, considerato il quartiere dei signori e quello dei Fondaccini il rione del popolo. Avvenne un giorno che la bella lavandaia Bartolomea detta “Mea”, promessa al tessitore Cecco, nel riportare il bucato al castello, si imbattè nel giovine Tarlati, figlio del Conte Piero e fra i due nacque un idillio. Cecco il tessitore, vistosi abbandonato, cercò di sapere e venne a conoscenza della tresca. Tutto il Fondaccio ne fu messo al corrente e cominciò a tumultuare. Tra le due frazioni nacquero violenti risse che minacciavano di diventare vera rivolta da parte del Fondaccio. Il vecchio Conte Tarlati, uomo saggio, per evitare danni maggiori al suo popolo chiamò tutti a raccolta, al centro del paese, le due frazioni e, alla presenza di tutti, restituì la Mea al Fondaccio e al suo Cecco, ponendo così fine ad ogni discordia. Resa la Mea ai suoi, in segno di giubilo, nella Piazzola, fu bruciato il "Pomo" della pace. In ricordo di questo e di altri avvenimenti, tra leggenda e storia, ogni anno, l'ultimo giorno di Carnevale, a Bibbiena, si brucia il cosiddetto "Bello Pomo" e la gente accorre dalle campagne per assistere e viene scelta la Mea tra le ragazze maggiorenni più graziose del paese.
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