Oggi sede della Biblioteca Città di Arezzo, Palazzo Pretorio sorge lungo via dei Pileati.
Il grande edificio nasce dall’accorpamento di palazzi duecenteschi appartenuti alle famiglie guelfe aretine Albergotti, Lodomeri e Sassoli. Dal 1290 Palazzo Albergotti fu sede del Capitano di Giustizia e per secoli ospitò varie magistrature.
La parte riferita a Palazzo Sassoli venne utilizzata dai primi del Quattrocento come carcere, destinazione ampliata e impiegata anche tra il 1600 e il 1926. Il brigante Federigo Bobini, detto Gnicche, fu uno dei più famosi “ospiti” delle prigioni, ma nel 1870 riuscì a evadere.
L’aspetto attuale dell’edificio è quello dell’intervento in stile rinascimentale, ripristinato negli anni Trenta del Novecento. Nella scenografica facciata e all’interno si vedono gli stemmi di podestà, capitani, commissari e vicari scelti da Firenze per governare la città. Con una specifica delibera, infatti, dal 1434 fu sancito che ogni rappresentante doveva lasciare un segno della sua amministrazione. Tra i tanti blasoni presenti, alcuni di pregevole fattura, si riconoscono quelli degli Alberti di Catenaia, dei Rondinelli, dei Rinuccini, degli Spadari e dei Cappelli.
Dopo l’apertura della Casa circondariale “San Benedetto” del 1926, Palazzo Pretorio cambiò la sua destinazione e dopo gli interventi di adeguamento condotti da Giuseppe Castellucci divenne sede provvisoria del Museo Medievale e della Pinacoteca Comunale, prima di trovare la definitiva conversione in Biblioteca “Città di Arezzo”, inaugurata nel 1959. Agli interventi di Castellucci, nel solco del revival stilistico del periodo, si devono anche la sistemazione del cortile con loggiato a nord dell’entrata, che si apre su via dei Pileati, e il rialzamento della torre medievale tra Palazzo Pretorio e Casa Petrarca.
Nelle diverse sale della biblioteca cittadina si notano resti di affreschi di varie epoche, che vanno principalmente dal XV al XVII secolo. Il fondo di libri più importante conservato è quello della Biblioteca della Fraternita de Laici sorta nel 1609, nella quale confluirono in seguito per acquisto, donazione o lascito testamentario le biblioteche di enti religiosi soppressi, famiglie nobili e benefattori. Nel 1952, grazie al Consorzio per la Gestione della Biblioteca Città di Arezzo, il materiale librario aumentò notevolmente, facendo di quella aretina una delle biblioteche pubbliche più ricche e preziose della Toscana.
Di fronte alla facciata di Palazzo Pretorio si trovano i Giardini del Praticino. Nella loro parte orientale si notano i pochi resti del Palazzo del Popolo, monumentale edificio realizzato intorno al 1278 per ospitare il Capitano del Popolo e i Priori delle Arti ma smantellato a partire dal 1539. Tra i ruderi “pascolano” cinque pecore bronzee di Karen Wilberding Diefenbach, donate nel 2013.
Nei giardini si ammira la scultura in bronzo denominata “La Hermana y La Herida” di Abel Vallmitjana, artista catalano che negli anni Cinquanta del secolo scorso si trasferì ad Arezzo e andò a vivere a Villa Guillichini nella località di Tregozzano, a nord della città. Nella campagna aretina Vallmitjana inaugurò il suo studio, affiancandolo con un laboratorio di incisione, che divenne anche un circolo per gli intellettuali e i migliori talenti locali.
L’artista era molto amico di Pablo Neruda. In uno dei soggiorni aretini dei primi anni Sessanta, il poeta cileno ammirò il calco in gesso di una scultura che rappresentava due figure femminili abbracciate e coi volti stilizzati, dall’espressione sofferente. Guardandole le definì “La Hermana y la Herida”, ovvero “La Sorella e la Ferita”, titolo che rimase.
Il 21 febbraio 1974, quando Vallmitjana morì, l’opera non era stata ancora fusa. La consorte si rivolse agli amici artisti, che misero a disposizione le loro opere per raccogliere i fondi utili al bronzo, che il Comune di Arezzo scelse di collocare di fronte all’antico Palazzo Pretorio.