Lunedì, 26 Febbraio 2018 08:00

Itinerario Casentino

Impreziosito dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, il Casentino ospita edifici medievali, quali castelli e borghi fortificati, pievi millenarie, abbazie e monasteri.

Da Arezzo si percorre la SS 71 fino a Rassina dove, facendo una piccola deviazione, si può visitare la pieve di Sant'Antonio a Socana, dove è visibile, nella parte absidale, una grande ara sacrificale e parte di un tempio etrusco (V sec. a.C.). Pieve utilizzata poi anche dai Romani e dai cristiani.

Tornati sulla statale, si prosegue per Bibbiena, poi si percorre la SS70 della Consuma che porta a Poppi. Qui si trova castello medievale dei Conti Guidi (progetto di Lapo di Cambio del 1200, con interventi dell'architetto Jacopo Turriani, VX sec.). Nella cappella comitale è possibile ammirare un ciclo di affreschi di Taddeo Gaddi (prima metà del XIV sec.). Nel centro storico, via Cavour, è adornata da portici e vi si trovano l'Oratorio della Madonna del Morbo (XVII sec.) e l’abbazia vallombrosana di San Fedele (fine XII sec.).

Imboccando la SS 310 del Bidente, si raggiunge Pratovecchio, dove nacque Paolo Uccello (1397) e a cui è dedicata la piazza centrale. Da ammirare anche gli edifici religiosi come il convento delle monache camaldolesi fondato dai Conti Guidi (XII sec.), il monastero delle monache domenicane di Santa Maria della Neve ( XVI sec.) con la chiesa e la Propositura che ospita dipinti del ‘600.

Da Pratovecchio si raggiunge poi il castello di Romena, roccaforte dei Conti Guidi e da qui la pieve di San Pietro a Romena: maestoso edificio romanico (XII sec.)

Da Romena si ripercorre la strada a ritroso fino a Stia. Qui il centro storico si trova lungo via Tanucci con l'omonima piazza centrale, resa famosa dal film “Il ciclone” di Leonardo Pieraccioni, abbellita da portici, resti di edifici medievali e dalla pieve romanica di Santa Maria Assunta (XII sec.)

Poco lontano da Stia, una strada collinare conduce al piccolo borgo di Porciano che ospita l'omonimo castello (XI sec.), una delle prime residenze dei Conti Guidi. Oggi rimane solo la Torre e parte delle mura castellane. Nel castello un museo raccoglie oggetti della tradizione contadina e pastorale locale, vasellame medievale e una collezione d’artigianato indiano del Nord-America.

Eremi e Monasteri: a pochi chilometri da Chiusi della Verna, si trova La Verna uno dei più noti Santuari francescani dove si dice che S. Francesco ricevette le Stimmate. Gli edifici più importanti che costituiscono il Santuario sono la chiesa di S. Maria degli Angeli, la Cappella delle Stimmate e la Basilica.

Nei pressi di Poppi si trova il luogo di villeggiatura Camaldoli famoso per le sue foreste, dove troviamo il convento fondato da S. Romualdo. Sono anche interessanti gli edifici come l’Archicenobio, il Convento, l’Ospizio, la Foresteria e la Farmacia. Attraversando la foresta incontriamo l’Eramo di Camaldoli.

 

INFORMAZIONI GENERALI

Il Casentino è una delle quattro vallate principali della provincia di Arezzo; situato a nord della provincia, si estende per una superficie di circa 800 km², e conta 48.870 abitanti.

È la valle in cui scorre il primo tratto del fiume Arno, che nasce dal monte Falterona (1654 m s.l.m.). Il monte Falterona, assieme al monte Falco (1658 m s.l.m.), costituisce infatti il limite settentrionale della vallata, ai confini con la Romagna. L'Alpe di Serra e l'Alpe di Catenaia separano, a oriente, il Casentino dall'alta val Tiberina. A ovest il massiccio del Pratomagno lo separa dal Valdarno superiore. I rilievi occidentali del complesso del monte Falterona, infine, separano la valle dal Mugello.

Il Casentino ha una forma approssimativamente ovale il cui asse maggiore misura circa 60 chilometri ed il minore circa 30. Paesaggisticamente varia dalle grandi foreste delle zone di montagna alle zone pianeggianti e collinari del fondovalle.

Le caratteristiche peculiari del territorio sono probabilmente una delle cause che hanno indotto Francesco d'Assisi a scegliere la Verna (oggi sede di un convento francescano) come luogo di preghiera, e san Romualdo a fondare l'eremo di Camaldoli.

Se si considera il punto di vista meramente geografico, il Casentino comprende alcuni piccoli tratti di comuni delle province limitrofe, come ad esempio la zona del comune di Londa tra l'attuale confine provinciale e il valico della Croce dei mori.

Dal punto di vista amministrativo la vallata è ripartita in 12 comuni: Bibbiena, Capolona, Castel Focognano, Castel San Niccolò, Chitignano, Chiusi della Verna, Montemignaio, Ortignano Raggiolo, Poppi, Pratovecchio Stia, Subbiano e Talla. I principali centri casentinesi sono quelli di Poppi, che fa parte del club dei "borghi più belli d'Italia", e Bibbiena, principale centro artigianale e industriale.

Il 6 e 7 maggio 2012 si è anche tenuto il primo referendum consultivo regionale volto alla costituzione di un comune unico del Casentino. La popolazione casentinese però, chiamata a partecipare al referendum consultivo ha risposto negativamente all'accorpamento degli attuali 12 comuni che compongono la vallata.

Storia

Il Casentino era abitato sin dalla più lontana preistoria, si ritrovano nel territorio tracce di insediamenti del paleolitico medio. Un grossolano errore dei testi antichi attribuisce in nome del Casentino a quello della tribù ligure dei Casuentini, invece il nome compare in epoca Carolingia in riferimento alla zona di Romena. È comunque attestata la presenza di popolazioni di stirpe ligure nella zona di Catenaia e sul Pratomagno. Nel periodo etrusco sono presenti molti insediamenti e sul suo territorio si ritrovano importanti luoghi di culto quali il lago degli idoli, nel quale sono state recuperate nel tempo migliaia di statuette votive ed oggetti oggi esposti nei più importanti musei del mondo. La Pieve a Socana fu edificata sulle rovine di un tempio romano a sua volta edificato sulle rovine di un tempio etrusco del quale si conserva un'ara del V secolo di grandi dimensioni. Nel Medioevo ebbe particolare risalto per le vicende legate al centro Italia ed all'espansione Fiorentina. Si ricorda la famosa Battaglia di Campaldino ove combatté anche Dante Alighieri.

I castelli del Casentino

Zona di confine, la valle ha visto contrapporsi le popolazioni dei Longobardi, dei Goti e dei Bizantini, che hanno attestato la loro presenza sul territorio con fortificazioni a partire dall'alto Medioevo. Il numero delle torri, dei fortilizi dei castelli residenza e dei borghi fortificati supera le 60 unità. Questi sorgevano quasi sempre sulle alture, lungo le arterie viarie e presso passaggi obbligati, a controllo e dominio del territorio. Le fortificazioni dell'alto Casentino sono appartenute prevalentemente alla dinastia dei Conti Guidi, mentre da Bibbiena fino a Subbiano erano soggette alla famiglia dei Vescovi-Conti della città di Arezzo. Dalla seconda metà del XV secolo il Casentino seguì le sorti legate alla città di Firenze.

Ad oggi sul territorio del Casentino si possono ancora scorgere molti di questi castelli, torri e fortificazioni, sebbene in numero esiguo rispetto a quello originale; tra quelli meglio conservati, il castello di Poppi, che domina in posizione centrale la vallata dall'altura su cui sorge il borgo di Poppi; a nord della vallata tra i comuni di Stia e Pratovecchio il castello di Romena, risalente all'XI secolo, anch'esso in posizione dominante, si presenta come un complesso di ruderi, oggetto di un recente restauro, caratterizzato dalle sue 3 torri quadrangolari e da una strada di accesso con 2 lunghe file di cipressi; poco più a nord il Castello di Porciano, essenzialmente una grossa torre quadrangolare costruita attorno al 1000, che fu restaurata dopo un accurato scavo archeologico ed è oggi abitazione dei proprietari e museo archeologico etnografico, la torre ben si integra con il borgo che la circonda: l'insieme ha mantenuto la sua antica conformazione grazie a rigidi vincoli architettonici. Porciano possiede una notevole visuale sull'intera vallata (in condizioni atmosferiche favorevoli dal borgo di Porciano si arriva a scorgere la piana in cui sorge Arezzo); più a sud, nel centro storico di Bibbiena presso piazza Tarlati, è ben visibile la Torre dell'Orologio, ovvero ciò che rimane, insieme ad un tratto di muro perimetrale e ad una piccola torre, dell'antico castello distrutto durante la battaglia di Campaldino, nel 1289.

Molti dei castelli e delle torri del Casentino sono stati distrutti nel corso di battaglie, in particolare alla fine del Quattrocento: all'epoca il capitano di ventura Bartolomeo d'Alviano, al soldo di Venezia, distrusse molti degli avamposti fortificati fiorentini, non essendo riuscito ad espugnare quello principale, ovvero il castello di Poppi; tra i castelli distrutti, il castello di Fronzola, a pochi chilometri da Poppi, che in passato aveva avuto un ruolo politico e strategico di primo piano sul territorio casentinese (la posizione del castello era favorevole per usare armi di assedio verso Poppi, Bibbiena, e l'intera piana di Campaldino); il castello, accessibile raggiungendo la località di Fronzola nei pressi di Poppi, si presenta oggi come un insieme di ruderi in stato di abbandono, in gran parte ricoperti dalla vegetazione. Altri castelli casentinesi in rovina sino ad epoche recenti, ebbero una sorte migliore rispetto a quello di Fronzola: è il caso del Palagio Fiorentino, situato a Stia, e del castello di Valenzano, situato invece all'estremo sud della vallata; i ruderi dei castelli, entrambi di antica edificazione (il primo risale al XIII secolo, il secondo fu realizzato a partire dal X secolo) furono oggetto di intense attività di restauro alla fine dell'Ottocento, che conservando l'aspetto originario dei castelli, introdussero anche degli elementi architettonici di influenza tardo romantica.

Turismo

L'attrattiva turistica del Casentino è da ricondursi prevalentemente ai suoi ambienti naturali e al suo isolamento geografico. Circondato da aree montuose con rilievi che raggiungono anche i 1658 metri (monte Falco) coperti da estese aree boschive in buona parte comprese nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Il potenziale turistico del Casentino sta nel fatto di costituire un perfetto campione storico ambientale rappresentativo dell'Italia Centrale. Nel fondovalle vi sono centri storici cresciuti attraverso vicende e fasi equiparabili a quelli delle città più grandi di altre zone; sui pendii montuosi vi sono i ruderi di un centinaio di castelli dei quali si è solo conservato il villaggio che ne conserva il nome. Dai pascoli di altura si passa alle faggete, quindi ai castagneti, al querceto e ai coltivi, oggi residui del sistema mezzadrile sul versante appenninico e di una piccola proprietà montana un tempo dedita alla pastorizia e alla raccolta delle castagne sul versante del Pratomagno. Tutto ciò è valorizzato da una straordinaria quantità di documenti storici, ancora poco esplorati, che illustrano ogni aspetto dello sviluppo della vallata da prima del XII secolo, fino ai nostri giorni.

Nel Casentino figurano anche diversi punti di interesse, artistico e soprattutto religioso; oltre ai castelli e alle torri citate nella sezione "I Castelli del Casentino", di particolare interesse sono la Pieve di Romena, una chiesa romanica nel comune di Pratovecchio, e importanti centri religiosi come il Santuario della Verna, il Monastero di Camaldoli, l'Eremo di Camaldoli e il santuario-monastero di Santa Maria del Sasso, presso Bibbiena.

 

 

Foto e video di Matia Necci

Lunedì, 26 Febbraio 2018 08:00

Itinerario Cortona

La visita ha inizio da Piazza della Repubblica e Piazza Signorelli, fino al tredicesimo secolo unico spazio dove sorse il foro della città etrusco-romana, dal quale si dipartivano in senso ortogonale le strade che formavano il cardo e il decumano. Attualmente tale area centrale è divisa in due piazze, Piazza della Repubblica e Piazza Signorelli, inserite tra una cornice di edifici medievali pubblici e privati, con limite meridionale il Palazzo Comunale e limite settentrionale l’area denominata Croce del Travaglio.
Domina Piazza della Repubblica il Palazzo Comunale, esistente almeno dal 1236, pur se rimaneggiato a più riprese fino al XVIII secolo. Notevoli alcune finestre in stile gotico sul lato antistante Piazza Signorelli. All’interno è visitabile la Sala del Consiglio con un caminetto di pietra del XVI secolo, attribuito a Cristofanello e decorazioni pittoriche del XIX secolo. Di fronte al Palazzo Comunale si trova il trecentesco Palazzo del Capitano Popolo, che è stato in parte ampliato nel XVI secolo ed adibito a residenza del cardinale Passerini.

Nella adiacente Piazza Signorelli si trova Palazzo Casali, altrimenti noto come Palazzo Pretorio. Benché la facciata risalga al XVII secolo, fu costruito nel XIII secolo dai Casali e utilizzato come residenza ufficiale della famiglia durante la signoria di Cortona (1325-1409). A partire dal 1411 fu sede dei capitani e dei commissari fiorentini, come testimoniano numerosi stemmi in pietra sul lato destro. A partire dal 1728 i suoi piani nobili sono divenuti sede dell’Accademia Etrusca con il relativo museo, la biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, l’Archivio Storico del Comune. I suoi due piani sotterranei, un tempo adibiti a carceri, ospiteranno il museo della città etrusca e romana di Cortona, che sarà unito, con un unico percorso, a partire dal settembre 2005, al Museo dell’Accademia Etrusca, costituendo il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona. Sulla stessa piazza, immediatamente a destra di Palazzo Casali, sorge il Teatro Sigorelli, costruito tra il 1854 e il 1557 su commissione dell’Accademia degli Arditi, su progetto di Carlo Matteschi.

 

Proseguendo nel tratto di strada tra palazzo Casali e il Teatro Signorelli si arriva in piazza del Duomo, dove si può apprezzare la cattedrale in stile rinascimentale, realizzata dai seguaci di Giuliano da Sangallo, sopra la più antica chiesa di S. Maria (del 1086), di cui si intravedono alcuni resti sulla facciata. All’interno si possono apprezzare pitture di Andrea Comodi (consacrazione della chiesa del SS. Sacramento, 1603-1605), di Papacello (Discesa dello Spirito Santo), di Poppi (Madonna della Cintola), della scuola di Luca Signorelli (Crocifissione e dubbio di Tommaso). Accanto alla cattedrale vi è Palazzo Vagnotti, già sede del Seminario vescovile, tradizionale sede della Fiera Antiquaria.

Di fronte alla cattedrale, nella stessa piazza, all’interno dell’edificio che fu la Chiesa del Gesù (1498-1505), ha sede il Museo Diocesano. Risalendo lungo il Teatro Signorelli in direzione dell’area denominata croce del Travaglio, ha inizio via Dardano, una delle strade più caratteristiche di Cortona, con, a destra e sinistra, facciate di edifici del XIII e del XIV secolo, alcuni dei quali rinnovati nel corso del XVI e XVII secolo e inglobanti anche elementi architettonici più anitchi, come Palazzo Mancini, al n. 15.

Alla fine di via Dardano, oltrepassando porta Colonia, scendendo attraverso una ripida via si arriva alla chiesa di S. Maria Nuova, iniziata da Cristofanello nel 1550 e completata da Giorgio Vasari, il quale creò un nuovo edificio quadrato con tre lati identici ed un armonioso interno; la chiesa contiene lavori di Alessandro Allori, Empoli, Bernardino Radi e Baccio Ciarpi.

Dalla Croce del Travaglio, imboccando via Benedetti, è possibile apprezzare il palazzo Fierli-Petrella con due serie di finestre ad arco mentre, salendo in direzione di Via Maffei, si incontra, poco dopo, la monumentale chiesa di S. Francesco. Il complesso monumentale, costituito dalla chiesa e dal convento, sorge su di un’area tradizionalmente nota come “Bagno della Regina”, forse sede di antiche terme romane. Intorno al 1245 Frate Elia Coppi costruisce la Chiesa ed un’ala del convento ma successivi interventi si susseguiranno fra il XVI e il XVII secolo. La facciata disadorna presenta il portale originale e il rosone in parte chiuso, l’interno è a navata unica; l’altare più antico è sormontato da un tabernacolo in marmo di stile barocco opera di Bernardino Radi (1619) e contiene il reliquiario della Croce Santa, contenente un frammento della Santa Croce donato a Frate Elia dall’imperatore d’Oriente durante la sua visita a Costantinopoli come ambasciatore di Federico II. Interessante all’interno la tomba in stile gotico del vescovo Ranieri Umbertini (1360) e una serie di quadri (Pietro Berrettini, Cigoli). Un’epigrafe dietro l’altare segnala la tomba di Frate Elia mentre la tradizione vuole che anche Luca Signorelli fosse sepolto all’interno della Chiesa.

Continuando a salire da S. Francesco lungo via Berrettini, si arriva alla parte alta della città, dove si possono notare le tipiche viuzze e gli edifici medievali. Si incontrano Piazzetta del Pozzo Caviglia, da dove un tempo si attingeva acqua potabile e, sulla sinistra, al n. 33, la dimora di nascita di Pietro Berrettini. Ancora più in alto si giunge a Piazza della Pescaia, che deve il nome alla presenza di una cisterna per l’acqua di età romana sulla quale fu poi edificato il convento di S. Chiara, su progetto di Giorgio Vasari. Dalla parte opposta della piazza è la chiesa di S. Cristoforo, con la cappella della natività di Maria del XVI secolo e, all’interno, affreschi del XIV-XV secolo. La strada conduce a Porta Montanina, dove si possono apprezzare resti delle mura etrusche e dell’acquedotto romano in cocciopesto. Dalla chiesa di S. Cristoforo si raggiunge rapidamente anche la vicina chiesa quattrocentesca di S. Niccolò, preceduta da un cortile e da cipressi allineati e da dove è possibile avere una splendida veduta della Valdichiana.
All’interno sono apprezzabili il soffitto a cassettoni e il gonfalone con Cristo nella tomba, Santi e Angeli di Luca Signorelli e, sull’altro lato, una Madonna con S. Pietro e S. Paolo) della sua scuola. Proseguendo per via S. Niccolò alla fine si raggiunge il convento cistercense-benedettino della SS. Trinità (XVI secolo).

Proseguendo in salita da via Berrettini verso via S. Croce si arriva alla Basilica di S. Margherita, il cui impianto originario è del XIII-XIV secolo, nato come estensione dell’oratorio ordinato da S. Margherita. La costruzione attuale data al 1856-97 ma conserva tracce architettoniche del XIV secolo (rosone). All’interno le decorazioni sono moderne. Vi si conserva il corpo della santa all’interno di un’urna d’argento, realizzata nel 1646 su disegno di Pietro da Cortona. Notevole anche il crocifisso ligneo del XIII secolo che, secondo la tradizione, parlò a S. Margherita. Non lontano dalla basilica, sul punto più alto della città, domina la Fortezza Medicea, meglio conosciuta come Fortezza di Girifalco, costrutia in 1556 per Cosimo I da Gabrio Serbelloni sopra una fortezza più antica, a sua volta probabilmente posizionata su antiche strutture dell’acropoli etrusca.

Entrando in città da Viale Cesare Battisti si incontrano i Giardini Pubblici con il viale del Parterre e, poco più avanti, la chiesa tardo gotica di S. Domenico. Costruita nel 1438 sul luogo dove sorgeva un più antico convento domenicano nel quale Fra’ Giovanni da Fiesole (Beato Angelico) lavorò all’Annunciazione attualmente esposta nel Museo Diocesano, ospita, all’interno, opere di Bartolomeo della Gatta (Scene della vita di S. Rocco), di Luca Signorelli (Madonna con bambino e Santi, 1515), di Lorenzo Niccolò Gerini (polittico datato 1402).

Proseguendo oltre la chiesa si incontra Piazza Garibaldi, con la splendida vista della Valdichiana e del lago Trasimeno e, prima di entrare in Via Nazionale, sulla destra, comincia erta via S. Margherita, con le famose cappelle ospitanti scene a mosaico della Via Crucis opera di Gino Severini. Attraversando Via Nazionale, localmente nota come Ruga Piana per la conformazione tipicamente medievale, si possono notare importanti dimore sotiche come Palazzo Venuti (XVI secolo), palazzo Mancini (più tardi rinominato palazzo Ferretti), affrescato da Marcus Tuscher, palazzo Alticozzi (più tardi rinominato palazzo Marioni). Alla fine della via si entra in Piazza della Repubblica, dominata dal Palazzo Comunale con la torre e l’orologio. Dalla piazza si dipartono tre strade: via Guelfa, via Ghibellina e via Roma. Via Ghibellina sorge in mezzo alle altre due, inizia sotto l’arco che reca il busto di Pietro Berrettini e finisce presso porta Ghibellina o porta Bifora, l’antica porta etrusca poi inglobata nelle mura medievali. Via Guelfa, un tempo denominata via Retta, è incorniciata a destra e sinistra da nobili edifici. Notevole il rinascimentale Palazzo Laparelli progettato dal Cristofanello nel 1553, che presenta una facciata disposta su tre livelli, di cui il superiore è decorato con una loggia architravata; degni di nota anche Palazzo Baldelli (XVI secolo), Palazzo Bourbon di Petrella (XVII-XVIII secolo) e l’importante complesso della chiesa e convento di S. Agostino, con lo splendido chiostro decorato con lunette che ripercorrono gli episodi salienti della vita del santo, attualmente adibito a centro congressi. In fondo a via Guelfa, sulla destra, si incontra la volta a botte di età etrusco-romana e la Porta S. Agostino.

Da una traversa di via Guelfa si può raggiungere la chiesa a pianta circolare di S. Benedetto, con un’interessante statua in legno di Cristo alla Colonna. Di fronte vi sono caratteristiche case medievali. Altre abitazioni medievali, con la peculiare caratteristica del piano superiore sorretto da travi di legno, sono visibili in via Jannelli. Via Roma doveva coincidere con parte del Decumano della Cortona romana. La via, che si conclude a Porta S. Maria, permette di apprezzare Palazzo Cinaglia, con la caratteristica “porta del morto”) e la barocca chiesa di S. Filippo (1690-1728) che presenta all’interno un’opera di Piazzetta (Madonna e bambino in gloria con Santi, 1739-1743).

Fuori del circuito murario, sulla via che riconduce a Camucia a circa due chilometri e mezzo da Cortona si segnala la chiesa rinascimentale della Madonna del Calcinaio, progettata da Francesco di Giorgio Martini (1485-1513). All’interno, oltre all’immagine della Madonna del Cacinaio (XIV-XV secolo), si ricordano una Annunciazione della scuola del Signorelli, una Assunzione di Papacello. In direzione nord a circa tre chilometri e mezzo da Cortona, incorniciato in uno scenario naturalistico mozzafiato sorge il Convento delle Celle, fondato da S. Francesco fra il 1211 e il 1221, dove è tuttora visitabile la cella dove dimorò per qualche tempo il santo.

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:56

Itinerario Valdichiana

Come suggerisce il nome, la Valdichiana è una delle quattro vallate di Arezzo, e si estende a sud della città. Qui sono presenti gli allevamenti dei bovini da cui si ottengono le famose bistecche chianine. I reperti archeologici come le tombe di ipogeo di Camucia e del Sodo, i reperti di Farneta, di Foiano, di Cignano, di Castiglion Fiorentino, il museo di Cortona, dimostrano che gli Etruschi popolarono e coltivarono questa valle. Molti sono gli artisti che nacquero qui, fra i quali Luca Signorelli, Pietro da Cortona, Andrea Sansovino e Gino Severini.
Senz'altro da visitare è Monte San Savino, antico centro etrusco, poi sotto dominazione Medicea. Qui nacque Andrea Contucci, detto Sansovino. Il paese presenta ancora la sua b e le Porte Fiorentina e Romana. Il Cassero, con l'imponente torre (XIV sec.), ospita il Museo della Ceramica.

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:55

itinerario Piero della Francesca

L'itinerario per la scoperta delle opere aretine di Piero della Francesca, inizia ad Arezzo per proseguire a Monterchi, borgo natio della madre, e si conclude a Sansepolcro, dove l'artista nacque.
Ad Arezzo si può ammirare il ciclo della “Leggenda della Vera Croce”, nella Cappella Maggiore della Basilica gotica di San Francesco. Nella Cattedrale, anch'essa gotica, è visibile l'affresco raffigurante la Maria Maddalena, in fondo alla navata sinistra.
Ad Arezzo si imbocca la SS 73 e si seguono le indicazioni per Monterchi. Qui Piero della Francesca realizzò l'affresco della Madonna del Parto che all'inizio degli anni '90, venne staccato dalla cappellina del cimitero di Monterchi e fu trasferito nell'edificio comunale, del centro storico, dove si trova tutt'ora.
L'itinerario si conclude a Sansepolcro dove si può visitare il Museo Civico, nel quale si trovano quattro opere dell'artista: il Polittico della Misericordia (dipinto su tavola), San Ludivico (affresco), San Giuliano (affresco) e la Resurrezione (affresco).

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:53

Itinerario Giorgio Vasari

Un percorso tra itinerari e esposizioni, articolato in 10 mostre tra opere monumentali e documenti rari, valorizzati in nuovi allestimenti tematici, per comporre il quadro della vita e dell’attività artistica di Giorgio Vasari, nella sua città di origine, in occasione dei 450 anni dalla morte.

 

IL PROGRAMMA NEL DETTAGLIO

 

 1. Biblioteca città di Arezzo

“PER GLORIA DELL’ARTE ET HONOR DEGLI ARTEFICI”

Giorgio Vasari artista e scrittore

Negli spazi della Biblioteca Comunale a cura di Elisa Boffa un’esposizione di alcuni tra i tesori bibliografici custoditi nel suo catalogo – testi antichi, stampe e manoscritti – che documentano, in cinque sezioni dedicate, le origini della famiglia e la formazione del giovane Vasari, il suo operato di architetto e pittore, le diverse edizioni della sua opera libresca più celebre, “Le Vite”, e tutti gli altri testi di cui fu autore, oltre a scritti e contributi successivi alla sua morte (fino a luglio 2024).

A cura di Elisa Boffa

Da Maggio a Luglio 2024

      

 2. Fraternita dei Laici

“HONORATO E GRATIOSA”

Presso la Fraternita dei Laici un itinerario pensato da Francesca Chieli dal titolo “Honorato e Gratiosa. La Loggia di Giorgio Vasari“ illustrerà, attraverso una ampio corpus documentario, la genesi e lo sviluppo di una delle imprese architettoniche più importanti per Arezzo, le Logge vasariane, oltre ad altre preziose testimonianze sulla vita dell’artista – tra cui l’atto di nascita presso lo Spedale degli Innocenti di Firenze e lettere di incarico, delibere e registrazione di pagamenti (fino a febbraio 2025).

La loggia di Giorgio Vasari
A cura di Francesca Chieli

Da Giugno 2024 a Febbraio 2025

 

3. Museo Archeologico

“I VASARI ‘VASAI’ E IL LORO RAPPORTO CON LA PRODUZIONE CERAMICA ARETINA DI ETÀ ROMANA”

Al Museo Archeologico Nazionale “I Vasari "vasai" e il loro rapporto con la produzione ceramica aretina di età antica”, che sulla traccia letteraria della vita di Giorgio di Lazzaro Taldi ripercorrerà le connessioni della famiglia Vasari con la fortuna di quella antica manifattura, da cui tra l’altro deriva il cognome. Un’occasione per visitare il recente allestimento della sala dedicata ai celebri vasi in terra sigillata, ricchi di ornamenti e temi mitologici, con un’apposita sezione a illustrare le connessioni tra l’attività di vasaio esercitata dal nonno e gli arretina vasa, a cura di Maria Gatto (fino a febbraio 2025).

A cura di Maria Gatto

Da Giugno 2024 a Febbraio 2025

 

4. Museo Diocesano

“SI È MANGIATO ALTRO CHE PANE E MESSER GIORGIO”

In luglio presso il Museo di Arte Sacra inaugurerà “Si è mangiato altro che pane e messer Giorgio. Fortuna critica e nuove ricerche sullo Stendardo dei Peducci”. Con la curatela di Serena Nocentini, partendo dallo stendardo processionale dipinto da Vasari nel 1549 per la Compagnia di San Giovanni Battista dei Peducci e costituito da due raffinatissime tele raffiguranti la Predica del Battista e il Battesimo di Gesù, si illustrano le capacità del Vasari pittore attraverso documenti d’archivio e il confronto con le tele inedite conservate nella Badia delle Sante Flora e Lucilla (fino a febbraio 2025).

Fortuna critica e nuove ricerche sullo stendardo dei Peducci

A cura di Serena Nocentini

Da Luglio 2024 a Febbraio 2025

 

5. Archivio di Stato

“COSTRUIRE UN IMMAGINE DI SÉ: GIORGIO VASARI ATTRAVERSO LE SUE CARTE”

“Costruire un’immagine di sé: Giorgio Vasari attraverso le sue carte”, mostra documentaria a cura di Ilaria Marcelli negli spazi dell’Archivio di Stato, col prezioso sussidio del patrimonio archivistico vasariano espone le carte relative alla famiglia dell’artista, e alla corrispondenza col granduca Cosimo I, entrambe accomunate dalla volontà di Vasari di condizionare la memoria che i contemporanei prima e i posteri poi avrebbero avuto della sua figura e del suo lavoro (fino a febbraio 2025).

A cura di Ilaria Marcelli

Da Settembre 2024 a Febbraio 2025

 

6. Casa Vasari

“IL DISEGNO FU LO IMITARE IL PIÙ BELLO DELLA NATURA”

La casa, i disegni, le idee: Giorgio Vasari e la figura dell’intellettuale architetto

"Il disegno fu lo imitare il più bello della Natura. La casa, i disegni, le idee: Giorgio Vasari e la figura dell’intellettuale architetto”, con la curatela di Rossella Sileno la storica dimora dell’artista – Casa Vasari – diviene scenario di una mostra arricchita da disegni e sculture che pone in risalto due aspetti, distinti ma strettamente collegati tra loro: la figura dell’artista intellettuale e la tematica dell’architettura nell’opera pittorica vasariana (fino a febbraio 2025).

A cura di Rossella Sileno

Da Settembre 2024 a Febbraio 2025

 

7. Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea

“GIORGIO VASARI. IL TEATRO DELLE VIRTÙ”

Fulcro dell’iniziativa,  una grande mostra internazionale che vedrà arrivare – o tornare – ad Arezzo opere da importanti collezioni internazionali, con l’obiettivo di porre l'accento sul patrimonio di invenzioni sacre e profane messe a profitto da Vasari per la gloria del granduca Cosimo I, suo protettore dal 1550 alla morte. La grande esposizione, dal titolo “Giorgio Vasari. Il teatro delle Virtù”, si terrà presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea. Sensibile interprete dell’aria del tempo e insieme autore di notevoli innovazioni, in pittura Vasari praticò tenacemente il ricorso al linguaggio simbolico dell’allegoria, adeguando la propria arte a una pratica ricorrente nel Cinquecento sia nelle creazioni letterarie sia nell’espressione visiva, dove i più svariati oggetti vanno a costituire un vocabolario ad alta intensità simbolica. Avvalendosi di grandi prestiti nazionali ed internazionali saranno esposte – seguendo il tema dell’allegoria profana e sacra – tavole dipinte e disegni di Giorgio Vasari e di artisti contemporanei e collaboratori praticanti la stessa linea espressiva, insieme a lettere, manoscritti e volumi a stampa provenienti dall’Archivio Vasari. Non mancheranno manufatti altamente simbolici a rappresentare il potenziale evocativo dell’allegoria, in particolare la Chimera, straordinario bronzo etrusco rinvenuto nel 1535 durante i lavori di scavo effettuati intorno al baluardo di San Lorentino ad Arezzo, per volere di Cosimo de’ Medici ed entrato immediatamente nelle collezioni ducali. 

A cura di Cristina Acidini con la collaborazione di Alessandra Baroni

Da Ottobre 2024 a Febbraio 2025

 

8. Museo d’Arte Medioevale e Moderna

“ALCUNA COSA FUOR DELL’USO COMUNE”

Nel palazzo che fu di proprietà della famiglia Ciocchi del Monte e dove soggiornò il cardinale Giovanni Maria, poi pontefice col nome di Giulio III, tra i principali committenti di Vasari, oggi sede del MNAMM, è esposta una delle più grandiose opere dell’artista: il dipinto ad olio su tavola raffigurante il terzo dei quattro conviti narrati nel Libro di Ester, commissionato nel luglio del 1548 da don Giovanni Benedetto da Mantova, abate del Monastero delle Sante Flora e Lucilla di Arezzo. A corredo del monumentale dipinto, con la curatela di Luisa Berretti, saranno esposti i disegni preparatori, i documenti, le risultanze del restauro in grado di dare evidenza ai bellissimi particolari dell’opera (fino a febbraio 2025). 

Il convito per le nozze di Ester e Assuero di Giorgio Vasari

A cura di Luisa Berretti

Da Ottobre 2024 a Febbraio 2025

 

9. Museo Orodautore

“OMAGGIO A VASARI”

Il Museo Orodautore omaggerà Vasari in gennaio invitando, con la curatela di Giuliano Centrodi, 15-20 artisti-orafi e designer, con particolare riguardo a quelli del territorio, per progettare un gioiello o un ornamento “pensando al Vasari” e farlo realizzare sia dalle ditte del Distretto Orafo Aretino, sia dagli artisti-orafi forniti di proprio laboratorio. A seguire i manufatti saranno esposti in una mostra dal titolo “... mi posi all'orefice. Omaggio a Vasari”. Vasari, infatti, come racconta nelle Vite e nelle Ricordanze, ha frequentato diverse botteghe orafe ad Arezzo, oltre che a Firenze e Pisa. Sempre legata al tema dell’Oro sarà “ORO. Tesoro, Bellezza, Luce, Vita”, personale di Filippo Rossi che invita a riflettere sul prezioso metallo accompagnando le icone astratte dell’artista contemporaneo con immagini figurative dal passato in riproduzione, a cura di Mons. Timothy Verdon e ospitata dalla Fraternita dei Laici (2024, periodo da definire).

A cura di Giuliano Centrodi
Gennaio 2025

 

10. Palazzo della fraternita dei Laici

“ORO, TESORO, BELLEZZA, LUCE, VITA”

Nell’anno dei festeggiamenti vasariani, Filippo Rossi, artista con anche una formazione come storico dell’arte, propone una mostra personale negli ambienti del Palazzo della Fraternita dei Laici, su un tema vicino alla storia e all’attualità degli aretini, l’ORO, visto in prospettive sia materiali ed estetiche, sia teologiche e cosmiche. In prossimità al Museo dell’Oro ospitato nel Palazzo, opere del Rossi nelle quattro sale del percorso inviteranno a riflettere sul prezioso metallo come ‘tesoro’, ‘bellezza’, ‘luce’, e ‘vita’, accompagnando le icone astratte dell’artista contemporaneo con immagini figurative dal passato in riproduzione.

Mostra personale di Filippo Rossi

A cura di Monsignor Timothy Verdon

 

INFO

Fondazione Guido d’Arezzo

Corso Italia 102 – Arezzo

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fondazioneguidodarezzo.com

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:50

Il Medioevo ad Arezzo

Durante il Medioevo, nonostante il crollo del mondo romano e le invasioni barbariche, Arezzo mantenne prestigio ed importanza; è uno dei primi centri occupati dai Longobardi che costruirono castelli e pievi. Dopo la vittoria dei Franchi sui Longobardi, la città entra a far parte del Sacro Romano Impero Carolingio.

Intorno al Mille, il vescovo di origine germanica Elemperto, dette avvio ai lavori di ricostruzione della cattedrale sul colle del Pionta (che venne poi distrutta dai fiorentini), intitolandola alla Vergine e a santo Stefano. Alla fine del XII secolo si fa risalire una nuova cinta muraria, più grande, per inglobare la città che nel frattempo era notevolmente cresciuta.

Ai primi anni del Duecento invece è datata la nascita del libero Comune di Arezzo. Alla stessa epoca corrisponde la sistemazione dell’attuale Piazza Grande. Tutto intorno la città si arricchì di chiese, di palazzi gentilizi, di case torri, di cui ancora oggi rimangono testimonianze visibili, simbolo di un intenso fervore culturale e economico che Arezzo ottenne in quel secolo.

L’itinerario dell’Arezzo medievale inizia al Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna, che ha sede presso il prestigioso Palazzo Bruni-Ciocchi, via San Lorentino, fatto realizzare nel Quattrocento dalla famiglia di Leonardo Bruni su preesistenti edifici medievali e sede nel corso dell’Ottocento della Dogana e di magazzini di sale e tabacco. All’interno delmuseo spiccano la trecentesca scultura con il San Michele che sconfigge il drago, alcuni splendidi affreschi staccati provenienti da varie chiese aretine, alcune distrutte, opera di pittori come Andrea di Nerio, Spinello Aretino e Parri di Spinello. Degna di nota è la pala d’altare con La Madonna della Misericordia realizzata nel 1435 da Parri per la confraternita aretina della Misericordia e destinata alla chiesa dei Santi Lorentino e Pergentino.

Appena fuori dal Museo il percorso prosegue per Via Cavour fino ad arrivare in piazza San Francesco dove si trova l’omonima basilica fatta costruire dai francescani alla fine del Duecento, nella quale Piero della Francesca realizzò il celebre ciclo di affreschi della Leggenda della Vera Croce.

Nella parte alta di Corso Italia, il Borgo Maestro nel Medioevo, sorgono tuttora palazzi di grande interesse storico. All’incrocio tra Corso Italia e Via della Bicchieraia sorge invece una delle case-torri cittadine, risalente al XIII secolo. Sull’altro lato, all’angolo con via di Seteria sorge invece la splendida Pieve di Santa Maria, costruita a partire dal XII secolo; sull’archivolto di uno dei portali di facciata si trova il celebre Ciclo dei Mesi, opera di un ignoto artista duecentesco. Proseguendo si inizia poi la salita di Via dei Pileati.

La parte sinistra della via è interamente occupata dal Palazzo Pretorio, oggi sede della Biblioteca Città di Arezzo, area occupata dalle dimore di nobili famiglie aretine a partire dal XIII secolo. Più in alto, sull’altro lato della strada, addossato al terrapieno del Prato, si trovano le rovine del Palazzo del Popolo, sorto nel 1278. Nel Cinquecento subì il danneggiamento dovuto ai lavori di rifacimento dell’area del colle di San Donato, dove fu costruita poi la Fortezza Medicea. Proseguendo si imbocca via dei Palagi, che nel nome evoca i due palazzi medievali del Comune e del Popolo oggi scomparsi.

Via dei Palagi diventa poi Via di Pellicceria, contrada medievale delle botteghe di pellettieri e pellicciai. Percorrendo queste strade le tracce del medioevo sono visibili in ogni facciata dei palazzi che si incontrano, dove ancora oggi rimangono portali a sesto acuto e finestre di antichi edifici due-trecenteschi. Arrivati a Palazzetto Alberti, costruzione del XIV secolo, attualmente sede del quartiere di Porta Crucifera, si gira a destra per via San Niccolò, arrivando fino a Piaggia San Bartolomeo, la cosiddetta contrada delle mura vecchie, con riferimento all’antica cinta longobarda; qui sorge sui lacerti in pietra di un antico tempio etrusco la chiesa medievale di San Bartolomeo al cui interno si trovano tracce di affreschi trecenteschi.

Sull’altro lato di Piaggia San Bartolomeo sorgono le rovine di Palazzo Girataschi, costituite dalle mura perimetrali dell’edificio e da un cortile interno in cui è ancora oggi visibile un pozzo che nel Medioevo serviva per la raccolta dell’acqua piovana nella sottostante cisterna.

Scendendo verso Borgunto, dove numerose sono le testimonianze di edifici medievali, alcuni con la facciata laterizio, si raggiunge nuovamente Piazza Grande, sistemata già in epoca medievale e contornata da edifici storici, come il Palazzo della Fraternita dei Laici, costruito verso la fine del Trecento, e Palazzo Lappoli. Dalla piazza si può ammirare anche l’abside della Pieve.

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:49

Arezzo Itinerario etrusco

Arezzo venne fondata sicuramente dalle popolazioni villanoviane, dopodiché subì l'influenza degli Etruschi e crebbe di importanza fino a divenire una delle dodici lacumonie d'Etruria. Esistevano in città numerosi ed importanti santuari che dovevano essere degni di ospitare fra l’altro celebri bronzi, quali la Chimera, e che erano ornati di terrecotte di grande rilievo estetico, dovute ad una affermata scuola coroplastica locale (reperti di piazza S. Jacopo e via Roma). Nella zona di Poggio del Sole si trovava invece la necropoli, formatasi anch’essa nel VI secolo a.C. ed usata fino all’età romana.

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:43

Arezzo città dell'Antiquariato

Itinerario alla scoperta della Fiera Antiquaria di Arezzo e della Casa Museo Ivan Bruschi.
Arezzo è conosciuta in tutto il mondo grazie ad una delle più importanti fiere dell'antiquariato. Infatti la Fiera Antiquaria di Arezzo si tiene dal 1968. Da allora ha luogo ogni prima domenica del mese e sabato precedente. Alla manifestazione affluiscono visitatori italiani e stranieri, commercianti, appassionati, collezionisti e studiosi. Come suggerisce il nome i venditori, provenienti da tutta Italia, vendono oggetti antichi e importanti pezzi di antiquariato. Si svolge in Piazza Grande e nelle vie del centro storico.
L'affermazione nel tempo della manifestazione ha fatto si che, a fianco dell'esposizione all'aperto, crescesse il numero degli antiquari, da mostre di grande tradizione a botteghe antiquarie la cui impostazione rispecchia ancora in molti casi la stessa eterogeneità che si trova nella fiera antiquaria dove mobili, dipinti e oggettistica, diversissimi tra loro, non solo per epoca ma anche per qualità, sono mescolati in modo “disordinato” lasciando al visitatore il piacere della scoperta.
La paternità di questo importante evento, è da attribuirsi a Ivan Bruschi, eclettico collezionista. Oggi è possibile visitare quella che è stata la sua dimora, adesso allestita a museo.
Per volontà di Ivan Bruschi la sede dell’omonima Fondazione è posta nel Palazzo del Capitano del Popolo, uno degli edifici civili del primo trecento più eleganti di Arezzo, restaurato per l’intervento di Banca Etruria. Ubicato davanti alla famosa Pieve romanica di S. Maria, nella parte alta della città storica dove sono conservate le memorie più insigni e le sedi secolari delle autorità cittadine, il Palazzo del Capitano deve probabilmente il suo nome dall'essere stato la sede della Parte Guelfa di Arezzo e forse del Capitano di Giustizia. Già casa dei Lodomei, l'edificio fu poi proprietà dei Camaiani, la famiglia guelfa che ne venne in possesso nel '300. Viene indicato anche come Palazzo della Zecca poiché, come risulta dai documenti, all'inizio del XIV secolo divenne per un periodo la residenza degli Ufficiali di Gabella e nel XV sec. degli Ufficiali pubblici fiorentini.
L'origine del Palazzo risale al secolo XIII quando venne costruito su un edificio ancora più antico. La storia del Palazzo del Capitano del Popolo è in parte raccontata dagli stemmi posti sulla facciata dell'edificio. Quelli ancora leggibili, inseriti nella facciata a rompere l'ordine originario della tessitura muraria, raffigurano gli emblemi del Comune di Arezzo (croce d'oro in campo rosso), della famiglia Camaiani (fondo turchino con una banda d'oro di traverso ed in cima un rastrello rosso con tre gigli d'oro tra i denti) e del Comune di Firenze (il giglio). Se ne deduce che nel '400 l'edificio era già di proprietà del Governo della città e forse solo dopo il 1384, anno della fine dell’indipendenza aretina, vi fu posta la Zecca.
Osservando il Palazzo si può notare ben evidente l’ampia ferita causata dal bombardamento che il 2 dicembre del 1943 colpì gravemente il centro storico di Arezzo: la parte originaria del palazzo è chiaramente riconoscibile da quella riedificata alla fine degli anni ’60 da Ivan Bruschi, nel contesto di un intervento che ha riguardato anche la ricostruzione degli ambienti più interni dell’antico edificio.
La bella e severa facciata del Palazzo è a conci regolari di pietra serena, posti in risalto dalla visione prospettica e dal gioco di luci che le conferisce la singolare posizione sul forte piano inclinato di Via dei Pileati. Le scansioni nette e pulite della struttura determinano la fisionomia architettonica del Palazzo: i quattro portali, di cui uno assai largo, ad arco ribassato al piano terra, la lineare cornice con semplice decorazione, le cinque finestre del piano nobile, che ripetono l’andamento delle aperture terrene, per giungere infine alla piccole finestre ubicate sotto l’ampia gronda, il cui spazio è valorizzato dalla sottolineatura dell’ultimo marcapiano.
L’entrata al Palazzo conferma l’impressione di severità tipicamente toscana e che nella penombra dell’ampio ingresso diviene armoniosa ed austera nobiltà. Le alte pareti, valorizzate da un prezioso lapidario e coperte da volte a crociera su peducci in pietra serena e il gioco volumetrico del corridoio che segue al primo atrio di accesso, conducono al chiostro interno in stile quattrocentesco, ravvivato al centro da un antico pozzo e da una loggia con colonne in pietra serena dai pregevoli capitelli a foglie di acanto. Seguendo il percorso prospettico del piano terra, definito in lontananza dallo sorgente luminosa del secondo cortile, si accede ad ampie sale coperte a volte. Eleganti e sempre connotati da austerità i saloni del primo piano in cui si possono ammirare i soffitti lignei ben conservati e dalle cui finestre si ha un’insolita e straordinaria visione della facciata romanica della Pieve. La presenza nei diversi ambienti di portali, mensole e camini in pietra serena ricorda la struttura quattrocentesca dell'immobile, in cui Ivan Bruschi dimorò fino alla sua scomparsa.
I materiali della collezione Bruschi sono stati raggruppati per l’esposizione in varie sezioni sulla base di criteri topografici, cronologici e tipologici. Di particolare importanza è la raccolta archeologica, che comprende oggetti di varia cronologia, dalla preistoria fino alla tarda antichità; ad essa appartiene anche un piccolo nucleo di manufatti di provenienza egiziana, databili all’Epoca Tarda (VII sec. a.C.). Relativamente alla fase medievale sono presenti una serie cospicua di ceramiche, prevalentemente di produzione centro-italica, sculture, epigrafi e gioielli. Numericamente rilevanti sono le sezioni di porcellane e ceramiche, vetri, sculture, armi, pitture, tessuti, oreficerie, mobili, arnesi e attrezzi di lavoro e un piccolo nucleo di strumenti musicali databili dalla fine del XV sec. ai nostri giorni. Si segnalano inoltre una raccolta numismatica di oltre 4000 pezzi, rappresentativi di tutte le epoche e un fondo librario con diverse cinquecentine. L’interesse eclettico di Bruschi è testimoniato anche dalla presenza di materiali di provenienza extraeuropea e in particolare africana, orientale e centro americana.
Per conoscere meglio il percorso espositivo e i nuclei collezionistici di Casa Museo Ivan Bruschi, visita il sito ufficiale cliccando qui

"A quasi 80 anni Gianni Agnelli mi stupì rivelandomi che non era mai andato a vedere gli affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo. E lo stesso Berlusconi. Ma allora, mi chiedo: che sono vissuti a fare?". Queste le parole del critico d'arte Vittorio Sgarbi riguardo agli affreschi de "La Leggenda della Vera Croce". A parte il suo tono provocatorio, una cosa resta, la grandiosità del capolavoro di Piero della Francesca che ogni anno attira migliaia di turisti da tutto il mondo ad Arezzo. Di seguito la guida per interpretare l'opera:
Nella Basilica di San Francesco si trova una delle più alte espressioni della pittura italiana ed europea: il ciclo di affreschi de "La Leggenda della Vera Croce", capolavoro di Piero della Francesca. L'affresco, dipinto tra il 1452 e il 1466, narra la "Leggenda Aurea" di Iacopo da Varagine.
In questo itinerario, è descritta l'nterpretazione e viene mostrato come "leggere" il ciclo di affreschi, indicando l'ordine cronologico delle scene. Vi invitiamo a fare click sull'immagine per ingrandirla, così da poter seguire l'intera numerazione.
1. Adamo (a destra), in punto di morte, manda il figlio Set dall'arcangelo Michele per avere "l'olio della misericordia";
Michele (sullo sfondo) nega l'olio, ma gli consegna alcuni semi dell'albero della Conoscenza, da porre in bocca ad Adamo al momento del seppellimento (a sinistra): da questi semi e dal corpo di Adamo, causa della caduta dell'uomo, nascerà un albero rigoglioso (al centro) il cui legno servirà per la Croce di Cristo, dunque per la resurrezione dell'uomo.
2. Due secoli dopo, Salomone, re di Gerusalemme, fa tagliare l'albero, ma il legno non è docile a nessuna lavorazione e viene gettato come ponte su un laghetto. La Regina di Saba, in visita al re, si inginocchia (al centro) davanti al legno, avendo avuto una premonizione sull'uso che ne verrà fatto. Durante l'incontro con Salomone (a destra), la regina svela la sua premonizione.
3. Per ordine di Salomone, il legno, che sarà causa di rovina degli ebrei, viene rimosso e gettato "ne le profondissime interiore dela terra".
4. L'Annunciazione non compare nella "Legenda Aurea", ma serve come richiamo compositivo (la colonna con il palo della scena 5) e narrativo: si allude, senza mostrarla, alla vita e alla morte di Cristo: il legno, infatti, disseppellito sarà usato per costruire la Croce che, dopo la Crocifissione, scomparirà.
5. Costantino, alla vigilia della battaglia contro Massenzio, nel 312, ha in sogno la rivelazione della propria vittoria nel segno della Croce.
6. L'indomani, Massenzio (secondo l'ultima interpretazione critica, si tratta invece di un re barbaro) e il suo esercito fuggono davanti alla Croce che Costantino mostra loro.
7. Perdute le tracce della Croce, Elena, madre di Costantino, fa torturare un ebreo che, convertitosi, indica il luogo.
8. Recatisi a Gerusalemme (nello sfondo a sinistra: è in realtà Arezzo, con la Chiesa di San Francesco in evidenza) si dissotterrano le tre croci. Per distinguere quella di Cristo da quella dei ladroni, vengono avvicinate a turno al capo di un giovane morto, che resuscita (a destra) al contatto con la Vera Croce. Elena si inginocchia in adorazione (come già aveva fatto la regina di Saba nel riquadro corrispondente sulla parete di desta).
9. Nel 615 il re persiano Cosroe aveva trafugato e profanato la Croce erigendola vicino al suo trono (a destra). L'imperatore d'Oriente, Eraclio, lo affronta in battiglia (a sinistra) e lo vince, ma al rifiuto di Cosroe a convertirsi, gli taglia la testa (ancora a destra).
10. Eraclio riporta la Croce a Gerusalemme: con grande umiltà (al centro), a piedi nudi e con la sola tunica, la offre ad un gruppo di anziani gerosolimitani in adorazione.
11. e 12. Due Profeti.

Lunedì, 26 Febbraio 2018 07:28

Corsa del Saracino di Talla

Terza Domenica di Settembre. Manifestazione medievale che ha origine, a Talla, nella seconda metà del '700. Inizialmente partecipavano alla Corsa solo i vecchi quartieri di Talla, mentre dalla fine degli anni Settanta la competizione si svolge tra il capoluogo e le sue sei frazioni. La gara è costituita da tre carriere, in cui i cavalieri devono colpire un buratto (il Saracino) cercando di ottenere il punteggio più alto nel tabellone. Oltre al lato del folclore, troviamo quello gastronomico, infatti alla corsa è abbinata la sagra del dolce casalingo.
Italpreziosi s.p.a. è tra i principali operatori per l’affinazione, il trading di metalli preziosi, oltre alla produzione e al commercio dei lingotti di oro da investimento in Italia e nei più importanti mercati internazionali. Fondata nel 1984, la Società, con sede ad Arezzo, è attiva su tutta la filiera ed è partner d’eccellenza di tutti gli operatori del settore: miniere, commercianti professionali, banche, produttori di gioielli, consumatori industriali e investitori privati. La Società utilizza le più avanzate tecniche di affinazione per ottenere oro, argento, platino e palladio ai massimi livelli di purezza, osservando i più alti standard etici. Attraverso il dipartimento Precious Metals Sales, Italpreziosi supporta i clienti e gli intermediari finanziari in tutte le fasi della compravendita di oro, offrendo varie tipologie d’investimento: barre d’oro di fusione, lingotti da fusione, lingotti coniati e monete di borsa.
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